Le liste e la ragione della scissione Pd

Chi non aveva ancora capito la ragione vera della scissione avvenuta nel Partito Democratico per opera degli oppositori di Matteo Renzi può trovare oggi, nella formazione delle liste elettorali del partito, la spiegazione più vera ed esauriente. E chi, sulla base delle proteste degli esclusi dalle liste del Pd per scelta del segretario, ipotizza che una seconda scissione seguirà la prima nel caso il partito non dovesse raggiungere alle elezioni la quota del 25 per cento, ha sempre una spiegazione completa nella faccenda della formazione delle liste elettorali.

Attraverso la formazione delle liste per le elezioni Renzi ha cercato di dare vita a gruppi parlamentari di propria completa e assoluta fiducia. Agli oppositori rimasti ha lasciato solo una sorta di diritto di tribuna. In pratica, le briciole. E si è comportato così come avevano dato per scontato facesse i vari Bersani, D’Alema, Speranza e compagni quando hanno deciso di uscire dal Pd e dare vita a una nuova formazione politica.

Una questione di poltrone dietro la scissione del Pd del passato e quella probabile del futuro? Niente affatto. Si tratta di una questione politica molto più profonda. Che riguarda la diversa idea della identità del partito nutrita da Renzi (Pd di post-sinistra) rispetto a quella dei suoi oppositori (Pd fedele alla sua natura storica di sinistra). Ma che solleva il problema generale della tutela delle minoranze all’interno delle moderne formazioni politiche segnate dalla presenza di forti leadership personali. Cioè del problema della democrazia all’interno dei partiti.

Questo problema non riguarda solo il Partito Democratico ma, come dimostrano le polemiche sollevate dalla formazione delle liste, anche tutti gli altri partiti. Non solo quelli dove i leader cercano di garantirsi il controllo dei gruppi parlamentari puntando sui fedelissimi e sulle persone di sicuro affidamento personale. Ma anche quello che racconta di aver risolto la questione attraverso la democrazia diretta delle parlamentarie sulla Rete ma che, nei fatti, applica criteri di stampo leninista per tenere stretti a Luigi Di Maio gente priva di qualsiasi legame ideologico o culturale.

La morale, allora, è una sola. Senza regole sulla democrazia interna dentro ogni forza politica vale solo la legge del più forte! Il ché non sarà giusto ma è assolutamente normale.

Aggiornato il 30 gennaio 2018 alle ore 08:28