L’eterogenesi di Fini

Adesso è facile sparare sulla Croce Rossa. Ad esempio su Gianfranco Fini e i “Tullianos”, oggetto tutti di richiesta di rinvio a giudizio per reati piuttosto gravi, tra cui il riciclaggio dei soldi, con al centro la solita e, per l’ex presidente della Camera, stramaledetta casa di Montecarlo. Però, al netto del vizio e del vezzo dei vari Maramaldo d’Italia, la parabola dell’ex preteso delfino di Silvio Berlusconi, fa pensare a un gioco di parole che suona così: “L’eterogenesi di Fini”.

Prima di tutto per quell’insopportabile tendenza moralisteggiante che lo ha portato prima a fare approvare una più che inutile dannosa legge super proibizionista sulla droga mettendola in un decreto legge di fine legislatura del 2006 sulle Olimpiadi invernali a Torino – norma che non è servita a nulla se non a complicare il problema della giustizia penale e quello delle carceri – che poi gli avrebbe portato enorme sfortuna politica. Come giù fu per Bettino Craxi e Rosa Russo Iervolino. Tanto da far pensare che chi se la prende con i deboli poi alla fine si ritrovi un karma politico sporco e qualcuno, lassù, gliela faccia pagare. Poi però anche per quella seconda tendenza alla scorciatoia politica alla successione nel potere del centrodestra, sempre in chiave moralistica: credere che il Cavaliere fosse già morto e infierire su di lui. In indimenticabili duetti fuori onda con pm molto in voga all’epoca del “che fai mi cacci?”.

Il giochetto era quello facile facile di balzare fuori quando tutto stava crollando e pronunziare puntando il ditino la frase famosa: “Io l’avevo detto!”. Per mesi a Fini è riuscito tutto facile anche perché la sinistra – soprattutto giudiziaria – aveva deciso di proteggerlo per fregare Berlusconi. Poi però qualcosa si è rotto e anche lui ha trovato a destra (e persino a sinistra) uno più puro di lui che lo ha epurato. E sulla casa di Montecarlo, nonostante discorsi televisivi a reti unificate, intemerate difese d’ufficio in tutti i talk-show e calunnie contro bravi giornalisti d’inchiesta, è caduto praticamente in rovina.

Tempo fa chi scrive ha visto Fini aggirarsi come uno spettro per le strade del centro, a San Lorenzo in Lucina, di buon mattino. Sembrava un barbone pur essendo come sempre ben vestito. Cappotto al vento, scarmigliato, sguardo rivolto verso il basso, come se si vergognasse. Ovviamente sono sensazioni e magari era soltanto un uomo solo che andava di fretta. Di certo non sembrava cercare il contatto con il pubblico che qualunque politico non rifugge a meno che... Ecco proprio allora mi venne in mente questo gioco di parole sull’“eterogenesi di Fini”.

Aggiornato il 25 gennaio 2018 alle ore 08:15