Il duro mestiere dell’elettore moderato

Non posso proprio fare a meno di commentare brevemente la riflessione del nostro bravo Cristofaro Sola sugli autentici motivi che egli auspica spingano gli elettori a votare per Silvio Berlusconi e la sua coalizione. Scrive infatti Sola: “Se s’intende dare fiducia a Berlusconi bisogna dichiararsi convintamente a favore delle cose che propone, senza ambigui distinguo. Anche perché un centrodestra che nel suo complesso mette in campo proposte come l’aumento delle pensioni minime, il reddito di dignità, la riforma radicale della Legge Fornero e la flat tax non sta facendo sterile propaganda populista ma ricompone in un quadro unitario d’iniziative una visione del mondo che è propriamente ciò che i partiti dovrebbero fare nel momento in cui si presentano al giudizio degli elettori”.

Ora, per dirla brutalmente, se la parte più moderata dell’elettorato italiano, la quale si suppone essere anche quella maggiormente incline alla ragionevolezza e che in passato ha consentito al centrodestra di governare il Paese, dovesse unicamente basarsi sull’imbarazzante lista dei sogni sopra elencata, allora sarebbero veramente guai seri, soprattutto per Forza Italia, ossia la componente che viene vista, persino da antichi avversari internazionali, come un antidoto democratico al populismo dilagante. Ed è proprio questa una delle principali ragioni politiche che a mio avviso spingeranno molti elettori in bilico tra l’astensione e il voto, turandosi il naso di fronte a proposte economiche assolutamente irrealistiche, ad appoggiare l’uomo di Arcore e il suo partito.

Da questo punto di vista, gli stessi elettori moderati sono perfettamente in grado di comprendere le, per così dire, difficoltà programmatiche di un Berlusconi che deve fare i conti con le spinte estremistiche di un Matteo Salvini a dir poco scatenato e, come dimostra la questione dei vaccini, spesso abbastanza vicino alle posizioni del Movimento Cinque Stelle.

Per questo motivo, facendo la necessaria tara alle mirabolanti promesse che stanno contrassegnando la più surreale campagna elettorale della storia repubblicana, la credibilità dei programmi è oramai vicina allo zero, mentre l’orientamento sostanziale delle forze in campo sarà il fattore assolutamente determinante.

D’altro canto, più che  prevalere in una insensata gara a chi promette di gettare centinaia di miliardi nello sciacquone di in keynesismo da operetta, Silvio Berlusconi può senz’altro contare sulla credibilità di un personaggio che ha costruito un impero economico e che, proprio per questo, prima di mandare a ramengo il sistema Paese con ricette venezuelane ci penserebbe non una, bensì dieci volte.

Aggiornato il 15 gennaio 2018 alle ore 10:58