Scalfari ha anticipato Strasburgo

È difficile prevedere se la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo arriverà prima delle elezioni politiche. Ed è ancora più difficile stabilire oggi quale potrà essere il suo esito. Ma, da un punto di vista politico, appare del tutto indifferente sapere il quando della sentenza e se il verdetto sarà favorevole o meno al Cavaliere.

Politicamente, infatti, l’assoluzione di Silvio Berlusconi c’è già stata nei fatti. E se si vuole trovare una sorta di pronuncia formale di questo verdetto non c’è bisogno di aspettare i giudici di Strasburgo. Basta fare riferimento alla risposta data da Eugenio Scalfari alla domanda di Giovanni Floris su chi voterebbe se dovesse scegliere tra Silvio Berlusconi e Luigi Di Maio per stabilire che il leader di Forza Italia è stato ampiamente assolto non solo dai suoi fedeli seguaci ma anche dai suoi più acerrimi nemici.

Qualcuno ha sostenuto che l’età ha reso Scalfari confuso. Qualche altro che nel preferire Berlusconi a Di Maio il fondatore de “la Repubblica”, giornale-partito che dell’antiberlusconismo ha fatto il proprio principale cavallo di battaglia, abbia voluto anticipare che dopo le elezioni si pronuncerà in favore delle larghe intese tra Matteo Renzi e lo stesso Berlusconi.

In realtà le parole di Scalfari, che rimettono totalmente nel gioco politico il leader del centrodestra, costituiscono una doppia ammissione. La prima è che per espellere Berlusconi dal Parlamento e dalla scena politica nazionale vi è stato un uso sistematico e strumentale dell’arma giudiziaria. La seconda è che quel tipo di guerra contro il leader dei moderati italiani è finito con un totale fallimento.

La strategia antiberlusconiana portata avanti per un ventennio con lucidissima determinazione proprio da Eugenio Scalfari prevedeva che il Cavaliere avrebbe dovuto fare la stessa fine ignominiosa di Bettino Craxi: espulso dalla politica con il marchio del criminale comune. A dimostrazione perenne dell’assioma caro a tutte le sinistre di ispirazione azionista e comunista secondo cui i propri avversari politici non potevano non essere che dei mascalzoni matricolati degni di esilio (per Craxi) e di galera (per Berlusconi).

Con Craxi quella strategia è risultata vincente. Con Berlusconi si è rivelata, dopo più di vent’anni, fallimentare. Perché il segretario del Psi aveva alle spalle un partito vaso di coccio tra quelli di ferro della Dc e del Pci, mentre il leader di Forza Italia non ha mai perso, neppure nei momenti più difficili e amari, il consenso di quella maggioranza silenziosa degli italiani che oggi appare come l’unica e sola alternativa all’avventurismo autoritario e all’incompetenza devastante del Movimento Cinque Stelle.

Scalfari, dunque, ha anticipato Strasburgo prendendo atto che la guerra è finita. Con la sconfitta sua e dell’intera sinistra.

Aggiornato il 27 novembre 2017 alle ore 10:09