L’eterno congresso del Pd

In un sistema elettorale come il “Rosatellum” ogni partito ha pieno diritto di esprimere il proprio candidato premier. Lo può fare il Movimento Cinque Stelle che ambisce a diventare il primo partito italiano e a rivendicare per il proprio leader, Luigi Di Maio, l’incarico di formare il Governo da parte del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ma lo può fare anche il Partito Democratico che corre con lo stesso obiettivo di risultare il partito di maggioranza relativa e ha tutta l’intenzione, una volta raggiunto un simile traguardo, di pretendere che il capo dello Stato affidi l’incarico di formare il Governo al proprio massimo rappresentante: Matteo Renzi.

Questo significa che le altre forze politiche non possano indicare i loro candidati premier? Nient’affatto. Perché è logico prevedere che se la coalizione di centrodestra dovesse raggiungere la maggioranza dei voti o anche un numero di voti superiore a quelli del Pd e del Movimento Cinque Stelle e avere la concreta possibilità di dare vita al Governo, il Presidente della Repubblica non avrebbe alcuna esitazione a offrire l’incarico all’esponente indicato dall’alleanza moderata. Al tempo stesso, anche se solo per esigenze mediatiche e senza alcuna speranza di raggiungere la guida dell’Esecutivo, qualsiasi altro partito può tranquillamente indicare il proprio candidato premier.

Queste banali considerazioni servono a dimostrare che la discussione in atto all’interno della sinistra sull’intenzione di Matteo Renzi di conservare il ruolo di candidato premier del Pd non ha alcuna ragione concreta. Serve solo a ribadire l’intenzione degli anti-renziani di approfittare della sconfitta siciliana per mettere in difficoltà il loro nemico. Al tempo stesso, la dichiarata disponibilità di Renzi ad aprire alle primarie di coalizione per la scelta del candidato premier è solo un modo furbesco per mettere in chiaro che in quanto segretario del maggior partito della sinistra non potrebbe non essere lui l’incaricato da Mattarella di formare il Governo.

La partita, quindi, è sempre la stessa. Quella che si gioca in un perenne congresso della sinistra in cui la posta in palio è la pelle di Renzi o quella dei suoi avversari. Un congresso, però, che non solo ha stancato ma ha anche sfiancato il Paese!

Aggiornato il 08 novembre 2017 alle ore 18:40