Renzi in “modalità elettorale”

Nessuno si sarebbe mai accorto della partenza del treno elettorale di Matteo Renzi se il segretario del Partito Democratico non avesse deciso di aspettare il fischio di partenza del capotreno per lanciare un missile contro il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. Il botto è stato improvviso e grande. E l’avvio della campagna elettorale renziana è stata segnata da quel clamore che senza il colpo contro Visco non ci sarebbe mai stata.

Il calcolo sugli effetti mediatici delle proprie iniziative c’è sempre nei comportamenti del segretario del Pd. E anche nel caso dell’attacco alla riconferma del Governatore della Banca d’Italia, la componente della visibilità della mossa a sorpresa è stata sicuramente alta. Naturalmente ci sono state anche altre motivazioni a spingere Renzi ad iniziare la propria campagna elettorale con l’attacco a Visco. In particolare la necessità di scaricare sulle spalle del titolare dell’istituto di via Nazionale il peso dei fallimenti bancari, che in caso contrario avrebbe avuto addosso per via della vicenda Boschi. Il tutto per avere la possibilità di essere libero di muoversi senza troppi condizionamenti e di portare avanti una campagna elettorale più di attacco che di difesa. Ma, fatto salvo anche il risentimento personale nei confronti di Visco per la storia di Banca Etruria, l’impressione è che al fondo della vicenda ci sia la scelta di Renzi di mettersi in “modalità elettorale” usando il caso Bankitalia come l’occasione migliore per farlo.

Questa “modalità” comporta però un fenomeno singolare. Il partito di lotta e di governo, secondo la definizione berlingueriana mai ripudiata dal Pd, diventa automaticamente un partito di lotta che si mette in competizione con le forze dell’opposizione (in particolare il Movimento Cinque Stelle) per combattere non solo contro il Governo, ma anche contro quelle istituzioni che sono espressione sempre e comunque dello stesso partito. Il contrasto tra Renzi e Mattarella è l’espressione più illuminante di questo paradossale pastrocchio. Ma è anche l’indicazione che la “modalità elettorale” di Renzi pone il Pd in una posizione non solo di oggettiva rottura con il Governo Gentiloni, ma anche di contestazione del sistema istituzionale da cui non sarà molto facile tornare indietro dopo i risultati elettorali. Un partito che per troppi anni si è identificato con il Governo e con le istituzioni non può trasformarsi in un partito di opposizione e di lotta sperando di poter ritornare agevolmente al punto di partenza. Il rischio, per Renzi, è che la lotta faccia rimanere il Pd all’opposizione. Almeno per la prossima legislatura.

Aggiornato il 19 ottobre 2017 alle ore 21:47