Austria: se il vento soffia dal verso giusto

Bisogna attendere il prossimo giovedì per conoscere i dati definitivi delle elezioni in Austria quando sarà ultimato lo spoglio dei voti giunti per corrispondenza.

Ma un vincitore c’è già ed è il giovane leader dei popolari dell’Övp, Sebastian Kurz. Alle sue spalle si piazzano quasi a pari merito i socialdemocratici dello Spö guidati da Christian Kern e i nazionalisti del Fpö di Heinz-Christian Strache. Se al “Wunderwuzzi” della politica austriaca è assegnato il compito di governare, l’alleanza che dovrà sostenerlo non sarà quella delle larghe intese con la sinistra ma un patto di ferro con la destra radicale. Si tratta di un recupero del paradigma democratico dell’alternanza, negato dall’inverarsi nella recente prassi politica di forme d’ibridazione “contra naturam” tra forze confliggenti sul piano storico e ideologico.

Sebastian Kurz, già dalla conquista della leadership del partito che data lo scorso maggio, ha impresso una significativa svolta di destra all’offerta politica popolare. Benché il riposizionamento strategico sulla questione dell’immigrazione abbia contribuito alla vittoria, non ne è l’unico fattore di successo. Insieme l’Övp, il partito popolare austriaco, e il Fpö, il partito della libertà che si può definire l’omologo leghista in terra d’Austria, rappresentano il 60 per cento dell’elettorato austriaco. Il dato non deve sorprendere, atteso il profondo radicamento dello spirito conservatore in quel Paese. Le due differenti declinazioni della destra dovevano soltanto ritrovare la volontà di dialogo per dare vita a un’azione di governo in linea con il sentire maggioritario della nazione. Pare che adesso ciò sia possibile visto che sia Kurz sia Strache mirano a collocare l’Austria nella dorsale orientale dell’Unione europea che si riconosce nel Gruppo di Visegrád.

Con un polo securitario e anti-immigratorio fortemente attrattivo sarà improbabile che le istituzioni europee si mettano di traverso per impedire la nascita di un governo Övp-Fpö, come invece fecero quando, con le elezioni legislative del 1999, si profilò un’analoga situazione. In quella circostanza a sancire l’alleanza, boicottata dalle istituzioni comunitarie, furono il popolare Wolfgang Schüssel e il temutissimo leader radicale, governatore della Carinzia, Jörg Haider. Dunque, Sebastian Kurz non è un incidente della Storia ma la risultante vettoriale di un processo di riappropriazione identitaria di stampo conservatore, innescatosi all’interno dell’Övp ma che dovrebbe estendersi per spinta simpatetica a tutta la destra europea di matrice liberale e conservatrice. Gli elettori lo hanno compreso. Dovrebbero comprenderlo anche i partiti e i movimenti dei Paesi europei che si apprestano a rinnovare i propri organismi rappresentativi. A cominciare dall’Italia.

La lezione austriaca è importante perché conferma ciò che è già stato osservato in Germania e prima ancora in Olanda: la destra politica piace se fa la destra praticando scelte programmatiche coerenti con la propria storia. Vale anche per la sinistra: ovunque essa abbia derogato alla sua visione del mondo per cercare sponde di consenso nello schieramento opposto è stata bocciata nelle urne. Auguri dunque agli austriaci per le scelte compiute. Ma volgiamo lo sguardo in casa nostra. Affrontare una campagna elettorale dopo aver inviato segnali equivoci ai propri votanti sulla possibilità d’imbarcarsi in soluzioni governative larghe che mettano dentro gli opposti potrebbe rivelarsi un fatale errore di valutazione del sentire degli italiani. Nei circoli autoreferenziali dell’intellighenzia moderata si fa fatica a comprendere un concetto che scaturisce dall’osservazione lucida della realtà. Per fortuna non vale per il leader naturale del centrodestra italiano. Non è un caso se Silvio Berlusconi, nella sua recente partecipazione alla convention ischitana di Forza Italia, abbia escluso intese con il Pd renziano. Su questo presupposto è possibile pronosticare per il nostro Paese, sulla scia del risultato austriaco, un governo segnato da due fattori complementari: la sconfitta della sinistra e l’implementazione di una coerente politica di destra. Tuttavia, rispetto alle altre realtà europee, il centrodestra italiano dovrà fare i conti con una difficoltà in più che sta nel riconquistare la quota del proprio elettorato temporaneamente sequestrata dai Cinque Stelle. Nonostante il frenetico agitarsi di un Matteo Renzi declinante che cerca margini di rimonta è il ridimensionamento del movimentismo grillino che farà aggio a un centrodestra vincente.

Aggiornato il 16 ottobre 2017 alle ore 21:29