Dall’ulivismo alla condizione minoritaria

Matteo Renzi non ha compiuto alcuna forzatura nell’invitare Walter Veltroni e nell’escludere Romano Prodi dalla celebrazione dei dieci anni del Partito Democratico.

Anzi, la decisione dell’attuale segretario del Partito Democratico è stata la conseguenza logica e naturale della sua adesione a una linea politica il cui inizio non risale all’Ulivo prodiano ma alla “vocazione maggioritaria” veltroniana. Renzi, in sostanza, ha dimostrato ancora una volta che il suo non è un progetto di stampo ulivista. E lo ha fatto chiamando alla celebrazione del decennale del Pd il personaggio che considera il proprio precursore. Cioè quello che, rivendicando il diritto del Pd di essere non il primus inter pares tra le forze della sinistra ma il titolare inamovibile dell’egemonia sulla sinistra stessa e sull’intera società italiana, liquidò il Governo di Romano Prodi e la sua politica nata in alternativa alla capacità berlusconiana di unificare il centrodestra sotto la propria leadership.

Lo scontro tra Renzi e Prodi, quindi, non è di natura personale (l’acredine tra i due, comunque, esiste e incide non poco) ma di natura politica. L’Ulivo fu il modo con cui la sinistra si adeguò al bipolarismo imposto dal maggioritario e dalla capacità unificante del centrodestra manifestata da Silvio Berlusconi. Il Pd a vocazione maggioritaria costituì l’adeguamento della sinistra alle mutate condizioni politiche del tempo segnate dal frazionismo eccessivo manifestatosi nel fronte progressista e alla crescente polarizzazione del centrodestra attorno al Cavaliere e a Forza Italia.

Ma se la formula ulivista di Prodi e a cui fanno riferimento i Bersani, D’Alema, Speranza e l’ondivago Pisapia non è più attuale, è proprio sicuro che quella veltroniana rinverdita da Renzi della vocazione maggioritaria sia effettivamente al passo con i tempi? L’impressione è che entrambe le formule siano superate. Perché né quella ulivista, né quella dell’egemonia del Pd sulla sinistra sono più in grado di rappresentare la parte più consistente della società italiana. Alla “vocazione maggioritaria” subentra quella della “condizione minoritaria”. Che è il frutto della crisi delle sinistre europee e del tramonto dei democratici Usa, fenomeni in atto e a cui non è stata trovata al momento alcuna soluzione. Tutto questo ha una sola e grande conseguenza: per la sinistra, ulivista o renziana che sia, il tempo della presenza egemonica al Governo è finito.

Aggiornato il 16 ottobre 2017 alle ore 17:11