Ipocrisia elettorale a 5 Stelle

Era inevitabile che soprattutto i grillini intonassero il loro alto peana di battaglia per chiamare a raccolta il popolo pentastellato contro il cosiddetto “Rosatellum bis”.

Per un non partito privo di un chiaro orientamento politico, se non quello del “mandiamoli tutti a casa”, e che basa gran parte della sua forza attrattiva sulla scelta di non fare alleanze con nessuno, qualunque sistema elettorale che si distacchi dal proporzionale non va bene. Ma è anche altrettanto ovvio che il largo accordo che si sta realizzando su questa ennesima modifica della legge elettorale offre il destro ai suoi esponenti più in vista - se così si può dire, dato che nel Movimento Cinque Stello uno varrebbe sempre uno - per strumentalizzare al massimo grado la questione. Maestri nell’uso della demagogia a buon mercato, costoro già prima che la Camera dei deputati approvasse il provvedimento avevano cominciato ad imbonire i loro simpatizzanti con un classico armamentario di capziose argomentazioni, seguiti in parte da una Giorgia Meloni alla comprensibile ricerca di una certa visibilità all’interno del quasi ricompattato centrodestra.

Tra i tanti rilievi che grillini e altri malpancisti di destra e di sinistra sollevano vi è quello secondo cui con il Rosatellum riformato ci ritroveremmo a fare i conti con un Parlamento di nominati, visto che gli elettori non hanno la possibilità di esprimere nessuna preferenza individuale. “Gli italiani non possono scegliere i loro rappresentanti”, tuonano i presunti assertori della democrazia diretta, dimenticandosi che alcuni lustri addietro lo stesso popolo italiano, di fronte al dilagare del voto di scambio, limitò drasticamente con una percentuale bulgara le tanto invocate preferenze.

Ma il problema vero, preferenze o meno, è un altro e appare essenzialmente legato al meccanismo con cui le singole forze politiche selezionano i vari candidati. Sotto questo profilo mi sembra che i grillini abbiano ben poco da insegnare al resto dei comuni mortali che non sono orientati a votarli. A meno che le consultazioni un po’ farlocche gestite dalla Casaleggio Associati, e corrette alla bisogna dal garante factotum Beppe Grillo, non vengano spacciate per una moderna riedizione della polis greca, nella quale si esercitava una sorta di democrazia diretta. Il paragone risulta quanto mai ridicolo se consideriamo che i tre grillini in questo momento più gettonati, ossia Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista e Roberto Fico hanno “stravinto” le loro precedenti parlamentarie con, rispettivamente, 189, 313 e 228 preferenze virtuali.

Notiamo in tutto ciò una funzionale commistione tra demagogia e ipocrisia, che ben si addice all’attuale cifra politica dei grillini. In realtà a tali formazioni di stampo aziendale le liste bloccate fanno molto comodo, rendendo ancora più agevole il controllo politico dei loro veri manovratori ed evitando il rischio di ritrovarsi tra capo e collo troppi ingombranti Pizzarotti con cui fare i conti.

Pertanto, invocare in astratto tutto il potere di scelta al popolo è facile, signori miei, ma applicare un minimo di dialettica interna sembra poi per molti un’impresa quasi impossibile. Misteri della fede democratica.

Aggiornato il 14 ottobre 2017 alle ore 11:51