Spesa corrente e coperture una tantum

Ospite di Bianca Berlinguer su Rai 3 martedì scorso, Matteo Salvini sembra aver migliorato il suo livello comunicativo, ostentando una certa qual pacata moderazione, se non altro nei toni. Tuttavia, a parte un sensibile alleggerimento della sua precedente posizione sull’Euro, per ciò che concerne la Legge Fornero sulle pensioni, da tempo uno dei principali baluardi programmatici del successore di Umberto Bossi e Bobo Maroni, Salvini si ostina senza sfumature a prometterne l’abolizione tout court. E ciò, in un Paese sempre più per vecchi, costituisce un esercizio propagandistico assai facile, paragonabile a quello di sparare su un furgone della Croce rossa trainato da buoi con una batteria di missili terra-terra di ultima generazione.

Ma è sul punto delle coperture che il leader del Carroccio ha mostrato un’evidente fragilità teorica, se non mera superficialità che la nostra piccola riserva indiana liberale, sempre tradizionalmente attenta alle antipatiche e noiose questioni legate alla sostenibilità dei conti pubblici, dovrebbe a buon diritto criticare, senza fare sconti a nessuno.

In estrema sintesi Salvini ha dichiarato, una volta entrato nella stanza dei bottoni, di voler sostenere l’inevitabile aggravio di spesa che si avrebbe abolendo integralmente la tanto bistrattata Legge Fornero, peraltro già ampiamente smantellata dagli ultimi Governi a guida Pd, attraverso una sorta di sanatoria fiscale finalizzata a far emergere i 900 miliardi di presunte imposte non pagate che si sono accumulate nel tempo. In tal modo, ritiene il capo della Lega, accordandosi con i cittadini morosi sulla base di forti sconti, lo Stato potrebbe poi utilizzare le somme incassate per mandare in pensione la gente a 60 anni con 40 anni di contributi.

Ora, mi risulta particolarmente disdicevole, soprattutto per chi legittimamente ambisce a guidare l’intero centrodestra, questa sorta di giochino delle tre carte, speculando sulla diffusa ignoranza in materia contabile di un popolo tradizionalmente composto da poeti, navigatori e santi. Non posso, infatti, pensare che l’ottimo Salvini non conosca la differenza, nel bilancio pubblico, tra entrate strutturalmente permanenti ed entrate straordinarie una tantum, a cui per l’appunto appartengono i proventi di condoni e sanatorie. Ed è anche a causa dello storico vizietto della politica italiota di coprire molte nuove spese correnti con tali “una tantum” che ci troviamo con un colossale debito pubblico sulle spalle. Ma non basta. Sul piano più strettamente economico anche i sassi hanno compreso che in Italia c’è un eccesso della citata spesa corrente e che quest’ultima risulta particolarmente dequalificata, essendo fortemente concentrata sul lato del puro assistenzialismo, di cui le pensioni costituiscono di gran lunga il capitolo più oneroso.

Ebbene voler, per evidenti ragioni di consenso a buon mercato, ulteriormente incrementare una simile tendenza, oltre a creare guai seri sul piano della tenuta finanziaria del sistema nel suo complesso, non può che sottrarre risorse a quei tanto invocati investimenti infrastrutturali di cui l’intero mondo della politica si riempie la bocca. In questo senso, vendere false illusioni e nuovi debiti può anche far crescere molto il proprio appeal politico, tuttavia è una strada che, se imboccata, porta direttamente all’inferno.

Aggiornato il 02 ottobre 2017 alle ore 11:07