Il flop della democrazia in Rete

L’incoronazione di Luigi Di Maio a candidato premier e capo politico del Movimento Cinque Stelle segna il tramonto del mito della democrazia diretta in Rete. Non c’è da ironizzare sullo scarso numero dei votanti che attraverso la piattaforma Rousseau di Davide Casaleggio hanno avallato la designazione del giovane napoletano a leader pentastellato fatta da Beppe Grillo e dallo stesso Casaleggio. La cifra di trentasettemila partecipanti, su circa il doppio degli iscritti alla piattaforma, può essere considerata alta o bassa a seconda dei punti di vista. I grillini la giudicano sufficiente, i loro avversari estremamente ridotta. Presa in sé, infatti, consente qualsiasi valutazione. Ma se viene paragonata alle primarie della sinistra che hanno incoronato in passato prima Romano Prodi, poi Walter Veltroni, successivamente Pier Luigi Bersani e infine, due volte, Matteo Renzi, appare addirittura infinitesimale. Se poi la cifra di trentasettemila votanti viene messa a confronto al numero degli aventi diritto a partecipare alle prossime elezioni politiche, diventa facile rilevare come a fare flop sia stata l’idea, considerata rivoluzionaria da Casaleggio padre e trasformata in fatto concreto (anche da un punto di vista economico) da Casaleggio figlio, secondo cui la moderna partecipazione democratica può avvenire solo attraverso la Rete e le procedure, prive di qualsiasi controllo o protezione, inventate dal guru defunto e da suo figlio.

Oggi, grazie alla votazione in Rete per Di Maio, si sa che il nucleo attivo e partecipante dei militanti del Movimento Cinque Stelle non supera le poche decine di migliaia. E che questo nucleo costituisce una minoranza infinitesimale rispetto all’elettorato nazionale. Minoranza che sarà rumorosa e attiva quanto si vuole, ma che al momento della conta dei voti nelle elezioni politiche celebrate con i sistemi tradizionali è destinata a risultare una forza del tutto marginale.

Di Maio, naturalmente, non può riconoscere il fallimento della democrazia in Rete. E deve obbligatoriamente continuare a recitare il copione che oltre ad inneggiare al metodo on-line dà per scontato che sull’onda di tale consenso i grillini conquisteranno il governo del Paese. Ma un conto è la propaganda e un conto è la realtà. Che esclude tassativamente la possibilità di un governo guidato da Di Maio. Neppure per mano miracolosa di San Gennaro!

Aggiornato il 25 settembre 2017 alle ore 18:44