Luigi Di Maio: un capo politico che conta come il due di coppe

Dunque secondo copione, con grande enfasi da parte dei media nazionali, Luigi Di Maio è stato eletto con una manciata di voti virtuali candidato premier del Movimento Cinque Stelle nonché suo molto discusso capo politico. Capo politico? Ma stiamo delirando?

Per come è rigidamente strutturato il non-partito fondato da Beppe Grillo e dallo scomparso Gianroberto Casaleggio, al ragazzotto campano è stato applicato un semplice cartellino sulla giacchetta, al pari dei tanti manichini che possiamo ammirare nelle vetrine dei negozi di abbigliamento. Ma per ciò che concerne le chiavi del “palazzo” pentastellato, in cui è custodito il simbolo elettorale e la strategica piattaforma Rousseau, esse restano saldamente nelle mani del comico genovese e dei suoi soci in affari.

Tant’è vero che lo stesso Davide Casaleggio, erede in tutto e per tutto del defunto padre, immediatamente dopo la surreale incoronazione del vice-presidente della Camera dei deputati, ha tenuto a precisare, intervenendo alla kermesse grillina di Rimini, che le scelte più importanti sul piano della politica nazionale saranno fatte sulla medesima piattaforma Rousseau, onde creare “una smart nation, una nazione intelligente”.

Pertanto mi sembra più che evidente che un presunto capo politico il quale, oltre a non avere alcuna voce in capitolo nella formazione delle liste elettorali, non controlla l’unico strumento con il quale si orienta l’azione del M5S, non controlla un “Fico” secco, tanto per richiamarci alla guerra intestina che la nomina di Di Maio ha scatenato tra i grillini di vertice.

D’altro canto, la formula del non-partito fondato su un non-statuto, in cui tutto è apparentemente deciso dalla Rete dei militanti, risulta perfetta per poter dirigere all’infinito un fortunato giocattolino politico standosene perennemente sullo sfondo, così come accade per Grillo e la Casaleggio Associati. In questo modo i veri padroni del M5S potrebbero far eleggere dai lori creduli militanti il capo supremo di una futura super nazione mondiale, senza tuttavia cedere un millimetro delle loro amplissime prerogative interne. Un elementare dato di fatto, quest’ultimo, che molti professionisti dell’informazione nostrana sembrano fingere di non aver compreso, seguiti a ruota da tanti risentiti esponenti di spicco dei grillini come Roberto Fico e Nicola Morra i quali, contestando più o meno apertamente l’ennesima scelta operata da Grillo e soci, finiranno inevitabilmente per essere messi alla porta.

Mentre, è doveroso sottolinearlo, il buon Alessandro Di Battista, malgrado le sue indigeribili posizioni programmatiche, ha dimostrato un insospettabile acume, tenendosi accuratamente fuori dalla surreale bega sul capo politico. Egli ha evidentemente ben capito il reale funzionamento di non-partito che continua onestamente a far fuori dai giochi chiunque osi minimamente mettere in discussione le scelte di Grillo e della Casaleggio Associati. Da questo punto di vista, la doppia candidatura rappresenta senz’altro la massima aspirazione per uno dei tanti portavoce a Cinque Stelle che hanno vinto la lotteria di una prima elezione in Parlamento. Altro che capo politico d’Egitto!

Aggiornato il 25 settembre 2017 alle ore 19:42