Centrodestra: una bella giornata

Domenica è stata la giornata del centrodestra. Come non accadeva da tempo. Su due palchi diversi, lontani: Fiuggi e Pontida, sono saliti i due protagonisti della resurrezione della coalizione. Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, due voci soliste cha danno la battuta al coro polifonico dei liberali, riformisti, popolari, conservatori, sovranisti, identitari, mondialisti, federalisti, liberisti, statalisti keynesiani, solidaristi (chi più ne ha ne metta) che il centrodestra nella sua estensione contiene e rappresenta. I media di regime hanno colto il segnale e, non senza che trasparisse il frusto antropologico fastidio per i figli di un Dio minore, si sono affannati a strologare di un’incompatibilità genetica tra i due che non c’è.

Forse un centrodestra confuso e frammentato sarebbe piaciuto di più ai tifosi del match a due tra Matteo Renzi, vincente per diritto divino e Luigi Di Maio, il più desiderabile dei perdenti per l’inconsistenza politica e tecnica della sua candidatura alla guida del Paese. Allora, dagli a scovare il pelo nell’uovo. Berlusconi versus Salvini per la leadership. Tra i due, dura minga. È ciò che spera il caravanserraglio di analisti e opinionisti in servizio permanente effettivo nel circuito dell’informazione nostrana. Facciano pure ma la verità abita altrove. Con una legge elettorale impantanata nella palude parlamentare parlare di corsa per la leadership è quanto meno stravagante, se non velleitario. Poi, c’è la Sicilia. Fin quando non si apriranno le urne del voto regionale, tutto ciò che si scrive oggi sarà carta straccia all’indomani del prossimo 5 novembre. Non è indifferente verificare come il Partito Democratico uscirà da quella tornata elettorale. Perderà? E in che misura? E cosa accadrà ai Cinque Stelle? È improbabile che vincano. Nondimeno il loro piazzamento conterà moltissimo. Cosa è restare nei consensi sotto la soglia del 20 per cento, come gli è accaduto dappertutto in Italia alle amministrative dello scorso giugno, altra cosa è sfondare la soglia psicologica del 30 per cento. Il centrodestra unito è dato vincente, anche nei sondaggi. Comunque occorrerà riflettere perché vincere sul filo di lana è ben diverso da un’affermazione dilagante che dia alla coalizione oltre alla presidenza anche la maggioranza assoluta in consiglio regionale.

Quindi, oggi si fa stretching ma la gara comincia dopo la Sicilia. È ciò che si è visto nelle due piazze domenicali del centrodestra: un assaggio di prova muscolare tra le due componenti più significative della coalizione in vista di una probabile composizione obbligata, in caso di mancata riforma della legge elettorale, di un listone unitario. Se le circostanze dovessero richiederlo, dopo uno scontro di personalità che avrà molto della danza rituale dei fenicotteri nella stagione degli amori, sarà il tempo dei negoziatori in cerca del dosaggio perfetto delle candidature nelle liste per la Camera e il Senato. Allora, abbandonati i toni sopra le righe, faranno aggio gli sforzi di mediazione e di consapevolezza tra le diverse componenti della coalizione degni del miglior “Manuale Cencelli”. Sarà questa la sfida più complicata che Berlusconi e Salvini non potranno evitare. Nessuna meraviglia dunque che il leghista faccia la ruota sui pratoni di Pontida mentre tra le acque rigenerative di Fiuggi il sempreverde leone di Arcore, rifacendo il verso al re Sole, dica: “Il centrodestra sono io”.

D’altro canto, lo stesso Berlusconi di recente aveva reso contendibile la leadership della coalizione dichiarando che il capo del futuro governo del centrodestra sarebbe stato indicato dal partito, tra gli alleati, con più voti ottenuti alle prossime elezioni legislative. Ora, qualche anima impressionabile può inorridire all’idea che un “barbaro” filo-lepenista prenda la guida del centrodestra. Ma che liberali si è se non si crede nell’etica della sfida e nello spirito sano della leale concorrenza? Se mai una legge elettorale emendata lo consentirà, per il partito del presidente Berlusconi si porrà il problema di conquistare la leadership della coalizione vincendo nelle urne e non rivendicando astratti diritti fondati su anacronistiche rendite di posizione. Come sempre, il vecchio leone di Arcore lo ha compreso prima degli altri. Ed eccolo lì in campo nuovamente con lo smalto e l’entusiasmo di sempre. Salvini ci provi pure a passargli avanti, ma sappia che sarà dura anche solo stargli dietro.

Aggiornato il 19 settembre 2017 alle ore 21:16