L’amaro calice di Fiano

venerdì 15 settembre 2017


A differenza di quanto successo in Germania, in Italia non c’è mai stata una vera pacificazione nazionale che potesse consegnare alla storia un pezzo della vicenda patria - quello mussoliniano - tanto ricco di luci quanto solcato da pesanti ombre. Dalla fine della Seconda guerra mondiale è stato un continuo di atti di violenza: si è partiti da quelli ben descritti da Giampaolo Pansa nell’ormai famoso libro “Il sangue dei vinti”, passando per l’abbattimento di ogni richiamo alla simbologia fascista sui palazzi, giungendo fino al negazionismo delle foibe, per poi proseguire con la sistematica opera di emarginazione politica e sociale di chi si rifaceva al Movimento Sociale Italiano.

Se non fosse stato per Giorgio Almirante, questa Repubblica fondata sulla libertà per quasi tutti avrebbe consegnato una intera comunità all’emarginazione se non proprio all’extra parlamentarismo. Fingiamo forse di non vedere, ma i piccoli atti di violenza quotidiani non sono stati certo meno fastidiosi della sopra descritta ghettizzazione di Stato: quanti nell’arte, nella cultura, nello spettacolo ma anche semplicemente sul posto di lavoro sono stati discriminati perché reputati fascisti? Quanti nella vita di tutti i giorni sono stati simbolicamente marchiati e poi guardati dall’alto in basso per un semplice atto di delazione magari di un collega che, non sapendo proprio come parlare male di te, tirava fuori (a volte anche a sproposito) le tue simpatie per la Buonanima?

Il metodo, tutt’oggi in voga e quanto mai efficace, sarà sublimato dalla cosiddetta Legge Fiano, provvedimento fascistissimo che mira a vietare con la galera non solo la detenzione di mezzibusti col mascellone ma anche ogni gestualità che richiami la simbologia fascista (chi non crede ai propri occhi può tranquillamente leggere il testo della norma in questione). In pratica una cancellazione ope legis di ogni simbolo o simpatia verso un ventennio della storia italiana che dopo circa settant’anni di violenze psicologiche nessuno è ancora riuscito ad estirpare del tutto. Una sorta di rieducazione di Stato, insomma, l’antico sogno della sinistra che da un lato tenta di plagiare le coscienze instaurando il pensiero unico e dall’altro non riesce a spiegarsi come mai i cannoni alleati e la storiografia di regime non abbiano annientato certe simpatie tanto diffuse quanto dure a morire. Con questo non ci faremo tirare dentro al classico discorso tutto italico tra fascisti e antifascisti perché sono passati settant’anni abbondanti ed è giunto il momento di piantarla con questa inutile baldoria permanente su un tema anacronistico oltre che tanto amato da chi perde tempo ad accapigliarsi sul nulla. Ciò che conta è il perché – oltre alla pochezza dell’odiatore professionista Fiano – qualcuno avverta l’urgenza di un simile provvedimento.

Noi crediamo si tratti di un fatto prettamente elettorale, di una manovra propagandistica messa in campo per arginare l’emorragia in atto alla sinistra del Pd e fare presa sul fluido mondo dei cosiddetti Movimenti che continuano a scivolare verso Pisapia e che coltivano l’antifascismo militante in assenza di fascismo. Una operazione spietata e moralmente inaccettabile quella di Emanuele Fiano, perché si pone l’obiettivo di creare il consenso attraverso la paura e l’introduzione di regole molto vaghe (e per questo interpretabili) in tema di reati di opinione: nascerà così una innovazione e cioè il reato “estetico” in base al quale se ti atteggi da “ventennino”, se sembri fascista o se scrivi cose interpretabili come fasciste, rischi la galera.

Per ora l’unico effetto è stato quello di accrescere le simpatie verso i vessati. Giungano pertanto i nostri più fervidi complimenti al primo firmatario della proposta, uomo col torcicollo che di fronte a una serie di pericoli, quelli sì pronti a minacciare la sicurezza nazionale, pensa bene di creare la terza legge contro il fascismo (dopo la Legge Scelba e la Legge Mancino) mostrandosi di per contro molto morbido e boldrinianamente comprensivo su altri temi di stretta attualità.

Nel centenario della nascita del comunismo, il più crudele dei totalitarismi, c’è qualcuno in Italia che pensa sia il caso di combattere contro i calendari del Duce e i bagnini esuberanti. Se questa è la nostra classe politica, l’Italia non ha alternative al declino.


di Vito Massimano