I cinesi usano la Digos contro gli Uiguri, la denuncia Radicale

Nuovo incidente diplomatico stile Alma Shalabayeva per il Viminale. Stavolta a comandarci è stata la Repubblica popolare cinese. Così mercoledì è stato fermato Dolkun Isa, segretario generale del congresso mondiale degli Uiguri in esilio. Operazione della Digos, circa 20 uomini mobilitati, e ciò mentre Dolkun Isa stava entrando a piazza Capranica, nei locali di Santa Maria in Aquiro, una sede distaccata del Senato della Repubblica. Dolkun Isa quindi non ha potuto partecipare a una conferenza stampa organizzata proprio per far ascoltare le sue parole di accusa contro la repressione che il suo popolo di fede islamica subisce da decenni nella regione cinese del Xinjiang. Una specie di caso Shalabayeva in sedicesimo con la Cina al posto del Kazakistan a dare ordini alla nostra polizia di Stato. Dolkun Isa, però, non è stato espulso, bensì trattenuto per accertamenti per oltre quattro ore nei locali della polizia politica.

Secondo i Radicali transnazionali e Maurizio Turco, che ha seguito la faccenda nei locali della Digos, è chiaro che l’episodio, definito “ridicolo e preoccupante”, è stato ispirato dalla crescente aggressività della diplomazia di Pechino. Che solo tre settimane fa, tanto per dirne una, aveva già fatto in modo che il ministero dell’Interno italiano negasse il visto a tre monaci tibetani che dovevano recarsi al loro monastero di Pomaia, in Toscana, per partecipare al Festival del Tibet. Dolkun Isa, oltretutto, è cittadino tedesco dal 2006 e vive in Germania dal 1996. E non ci sarebbe da stupirsi se il suo fermo mettesse in imbarazzo i rapporti diplomatici tra il Viminale e Berlino.

Particolarmente duro il commento del senatore Luigi Compagna, uno degli organizzatori della conferenza stampa di denuncia del leader uiguro contro la repressione in Cina, secondo cui il fermo di Isa è stato “un chiaro tentativo di boicottaggio della causa uigura”. Compagna ha implicitamente polemizzato con il presidente del Senato, Pietro Grasso, che all’ultimo momento ha spostato l’evento che si doveva tenere nella sala Nassiriya all’interno di Palazzo Madama, luogo dove sarebbe stato ben difficile procedere al fermo da parte di 20 uomini della Digos, alla sala periferica della ex chiesa di Santa Maria in Aquiro, diventata pertinenza del Senato. Posto in cui era sicuramente più facile procedere al fermo senza destare troppo allarme. In Questura è stato l’ex eurodeputato Maurizio Turco a dovere far sentire le ragioni del dissidente uiguro. Il quale, venuto in Italia convinto di poter parlare dei diritti umani violati in Cina ai danni del suo popolo, si è quasi ritrovato in galera. Peraltro, Dolkun Isa dai cinesi è considerato poco meno che un terrorista islamico, mentre in realtà è a capo dell’ala più moderata, non violenta e radicale degli Uiguri. Quelli che sono in esilio. Nella successiva conferenza stampa tenutasi intorno alle 16 di mercoledì pomeriggio dopo il rilascio di Dolkun Isa, quest’ultimo ha parlato di “orribile situazione” vissuta in Questura. Anche se Isa ha dato atto alla polizia italiana di averlo trattato “nicely”, cioè gentilmente. E ci mancava pure che gli menassero...

Dolkun Isa il giorno prima era stato già controllato al suo arrivo in aeroporto a Roma. Aveva spiegato le ragioni del suo viaggio nella Capitale ed era andato regolarmente in albergo. La sera aveva cenato in una trattoria romana e tutti sapevano che doveva partecipare con i radicali transnazionali a una conferenza stampa che si sarebbe dovuta tenere mercoledì mattina al Senato. Quindi che bisogno c’era di farlo venire a prelevare da venti agenti di polizia davanti all’entrata di una sede periferica del Senato? Il ripetersi di questi episodi, che i radicali ritengono essere ispirati dalle autorità diplomatiche cinesi in Italia, rischiano di nuocere prima di tutto all’immagine italiana a livello internazionale.

Non possiamo permettere, hanno detto quasi tutti i rappresentanti del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito, che Stati stranieri di certo non particolarmente democratici come la Cina possano disporre in Italia delle nostre autorità di polizia per continuare all’estero la loro attività di persecuzione dei dissidenti. Dolkun Isa è nella lista nera cinese al numero tre degli Uiguri all’estero, ma nella conferenza stampa tenutasi a largo Argentina ha detto di non aver mai posseduto un’arma in vita sua e di aver visto azioni terroristiche solo nei film. Purtroppo, però, questa non è stata la prima volta che il leader uiguro viene arrestato all’estero: gli è già successo in Corea del Sud, in Turchia, in Svizzera davanti alla sede dell’Onu e adesso qui da noi.

Aggiornato il 31 luglio 2017 alle ore 10:59