Abbracci, referendum e non solo, come uno spot

Correggetemi se sbaglio, come si diceva una volta. Il fatto è che in questi giorni è andato in onda sul combinato disposto sinistra-mass media, nientepopodimeno che un abbraccio. In onda e ovviamente con punte di massimo ascolto inversamente proporzionali al quoziente di intelligenza di quella gauche all’italiana che, incapace di scegliere una e una sola strada, quella del riformismo, si è dapprima spaccata, poi ci ha ripensato e infine è ricorsa a una brava persona come Giuliano Pisapia, illudendolo, per qualche giorno, di essere una sorta di Messia unificatore delle loro sparse membra, ma soprattutto illudendosi che bastasse un ex sindaco, sia pure volenterosissimo, a dare unità a ciò che loro stessi distruggono “scientificamente” da quasi cento anni. E come clou di questa fiction o, per meglio dire, di uno spot utile al raggiungimento del peak time, è arrivato l’abbraccio affettuoso fra Giuliano Pisapia e Maria Elena Boschi.

Apriti cielo! Sull’onda di un apparato mediatico che ha dato incredibile spazio a un gesto innocente (ma non casuale), la morbosa dedizione degli stessi giornaloni con foto a tutta pagina si è per dir così travasata nell’attenzione più spasmodica del Partito Democratico e della sinistra con una sorta di suspense sul loro futuro partitico, tant’è che una parte ha mugugnato, anche per invidia gelosa, finché al protagonista maschile sono girati i cosiddetti santissimi mandando a monte altre tappe in quel territorio gauchista, incerto e franoso. E meno male che ci si sta ancora interrogando in quale altro Paese al mondo le intese, i confronti, gli accordi per far nascere un partito siano condizionati, rinviati e bloccati per un abbraccio.

Abbiamo parlato di fiction e di spot, et pour cause, in una Italia politica nella quale, come ha sottolineato opportunamente lo stesso Renato Brunetta, e ha notato con ironica arguzia Giuseppe Turani, è stato mandato in onda, grazie a Beppe Grillo e allo stesso Pd renziano, una sceneggiata sui vecchi vitalizi parlamentari da abolire, che ha anch’essa la concitazione e il ruolo dello spot, sotto l’apparenza di una battaglia per la giustizia sociale e l’uguaglianza nell’accezione “uno vale uno”, appunto. Fatta passare come momento storico per la Repubblica, questa bandierina sventolata a più non posso è più simile a uno spot propagandistico e demagogico che a una misura concreta contro la solita Casta e contro le sue spese accollate alla comunità. Anche e soprattutto perché “i vecchi vitalizi, peraltro residui data l’età dei percipienti, ammontano a una spesa di 200 milioni di euro all’anno su un bilancio statale di 800 miliardi di euro, dove la spesa pubblica, la più alta del mondo, supera i 2200 miliardi. Ma tant’è.

E a proposito di spesa pubblica statale, comunale e regionale, è di queste ora la riflessione del Centro studi impresa e lavoro a proposito delle regioni in cui, sebbene rimangano tuttora vistose le differenze nella spesa pubblica pro capite, quelle più prodighe, quelle che spendono di più sono il Lazio, il Friuli, il Trentino-Alto Adige e, attenzione, la Valle d’Aosta, che è una regione a statuto speciale e che gode cioè di una vera e propria autonomia dallo Stato. La regione più spendacciona delle altre è, dunque, una di quelle a statuto speciale, autonoma.

Autonomia che ci ricorda inevitabilmente i due referendum che Veneto e Lombardia - sotto l’egida leghista, ma non solo - chiedono vengano approvati dai cittadini lombardo-veneti. A parte il fatto che questi referendum costano; a parte il fatto che è iniziata una campagna pubblicitaria a tutto spiano; a parte il fatto che assisteremo a delle passerelle dei governatori; a parte tutto ciò, queste consultazioni sono ovviamente consultive e sostanzialmente inutili, costose e, quel che è più grave politicamente, illusorie, illudono cioè la gente, reclamandone il voto favorevole su referendum che lasceranno le cose come stanno quanto ad autonomia (che già oggi ottiene risultati non da poco nelle intense trattative tra Regione e Governo in atto da sempre) non ridurranno di un euro il disavanzo fiscale, si risolveranno in show e spot che saranno ben lontani, se non rovesciati, rispetto alla cultura politica, al ruolo della politica nel suo complesso, alle sue finalità più vere, fra cui il ripudio della demagogia, il non illudere i suoi concittadini, non dire bugie, non ingannare.

Siamo distanti anni luce dalle immortali lezioni di cultura tout court che il mai abbastanza rimpianto Marco Pannella ci ha offerto. O no?

Aggiornato il 31 luglio 2017 alle ore 11:00