Lettera ad Enrico Costa

Caro Enrico,

credo che la nostra vecchia amicizia legittimi me a rivolgerti due parole e consenta a te di prenderle per quello che sono, lo sfogo di un amico affezionato e sincero.

Tu hai sbagliato; hai sbagliato due volte. La prima, quando, pur eletto con i voti del centrodestra, hai scelto di sostenere direttamente ed in prima persona il Governo dei nostri avversari. Non ho mai pensato, neppure per un solo istante, che tu abbia seguito Angelino Alfano per occupare una poltrona: ho troppa stima di te e so bene che faresti mai mercimonio delle tue idee per guadagnarti un posto al sole. L'errore è stato politico, perché sei andato a sedere in un Consiglio dei ministri nel quale si tentava (sic! e inutilmente) di realizzare un programma del tutto incompatibile con le idee tue e dei tuoi elettori.

Hai sbagliato, poi, una seconda volta, quando hai deciso di fare marcia indietro, indossando i panni del figliol prodigo che torna alla casa del Padre, dopo aver dilapidato il patrimonio delle idee, consentendo all'avversario di farsene scudo per giustificare azioni del tutto illiberali. Questo, perdonami amico mio, è l'errore più grave, che non sarà né compreso né scusato da coloro che, come me, ti hanno voluto e continuano a volerti bene. È un errore politico che dimostra quanto fosse inutile e politicamente dannosa la scelta di saltare il fosso e quanto sia, a questo punto, inspiegabile il tuo appello ai principi liberali. Che del Partito Democratico tutto possa predicarsi meno che l'adesione alle nostre idee è addirittura superfluo ricordare: è un partito che nasce dalla fusione di tristi epigoni democristiani e comunisti alla disperata ricerca di un autore in grado di scrivere un copione da portare in scena. Noi, quel copione, lo avevamo già e sapevamo fin dall'inizio che in quei lidi sarebbe stato ignorato, se non sdegnosamente cestinato.

Non mi dire, per favore, che il Paese aveva bisogno di stabilità e che occorre avere senso istituzionale. Raramente ho visto tanta incertezza e mancanza di senso della Repubblica. Ho detto della Repubblica e non dello Stato, perché, come sai, a noi la parola Stato fa venire l'orticaria. Ti auguro che il Padre ti accolga e sia munifico con te. Ricorda, se puoi, le pagine finali del capolavoro di Orwell - “1984” - e sappi che affidarsi anima e corpo al giudizio di chi hai abbandonato sarebbe il terzo errore. Quello letale.

Con immutato affetto.

Mauro

Aggiornato il 20 luglio 2017 alle ore 10:59