Riformismo da operetta

Dopo la batosta referendaria che lo ha costretto a lasciare Palazzo Chigi, Matteo Renzi sembra aver convintamente abbracciato la strada del riformismo, almeno a chiacchiere. Non passa giorno che l’ex premier non si sforzi di attribuire al suo Partito Democratico e al Governo in carica tale propensione politica, in contrapposizione ai populisti e ai nostalgici di una sinistra che fa ancora riferimento al defunto Pci. Il problema, però, consiste nella sostanza effettiva di questo presunto riformismo di cui, a parte il capitolo con molte ombre del cosiddetto Jobs act, in verità si vede ben poca cosa.

Anzi, se sul piano generale il Paese avrebbe bisogno di una riduzione complessiva del perimetro pubblico, con una riqualificazione della spesa dello Stato alleggerita e orientata verso gli investimenti veri, la direzione che si sta pervicacemente seguendo da tempo sembra portare da tutt’altra parte. Tanto è vero, sia con l’Esecutivo Renzi che con quello di Paolo Gentiloni, la spesa per gli investimenti pubblici continua drammaticamente a ridursi, proseguendo un trend negativo che in otto anni ha visto contrarsi questo importante capitolo del bilancio pubblico di oltre il 25 per cento. Tutto questo malgrado la maggiore flessibilità, ovvero l’aumento dell’indebitamento, concesso all’Italia sotto i due citati Esecutivi.

Evidentemente si continua a privilegiare la spesa corrente, la quale porta un immediato riscontro in termini di consenso elettorale, piuttosto che l’ammodernamento infrastrutturale di un sistema Paese in molti settori fatiscente. Ed è in nome di questo riformismo da operetta che invece di investire per il miglioramento dei collegamenti stradali e ferroviari, tanto per fare un esempio, si decide di elargire la quattordicesima ai pensionati sotto i 13mila euro di reddito o di assumere in anticipo, come annunciato dalla ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, un’armata di 52mila nuovi insegnanti nello smisurato carrozzone della scuola pubblica.

Non è proprio questa la strada, egregio Matteo Renzi. Il riformismo vero, dopo aver spiegato al popolo quali siano le vere priorità del Paese, non distribuisce ulteriori camionate di pasti gratis, ma si sforza di realizzare progetti che servano realmente a migliorare le cose per l’intera collettività. Continuando a regalare vitalizi e stipendi in cambio di voti, le strade piene di buche e toppe resteranno tali e la rete ferroviaria interamente a doppio binario rimarrà una utopia.

Aggiornato il 06 luglio 2017 alle ore 19:13