Renzi-Pisapia, “West Side Story”

Non bisogna essere un mago per capire che l’iniziativa di Matteo Renzi di riunire in assemblea, a Milano, i rappresentanti dei circoli del Pd sia stata pensata anche per oscurare mediaticamente l’altro evento che si è consumato sabato a Roma e che ha visto il primo serio tentativo di raccolta dei cocci sparsi della sinistra accampata fuori del perimetro del Partito Democratico. Se nella città meneghina la scena era tutta per il giovanotto di Rignano sull’Arno, nella capitale ha fatto la sua comparsa il “mite” Giuliano Pisapia, campione moderato di quella sinistra radical-chic, delle buone maniere, elegante e sobria nelle forme quanto avventurista e datata nella sostanza politica.

Nell’immaginario collettivo anche la scelta della location conta. Le piazze e i teatri come luoghi depositari di simbologie e di archetipi. Matteo Renzi al Teatro Linear Ciak, sede di rappresentazione degli spettacoli artistici più innovativi ma anche di quelli a maggiore impatto popolare. Nel cartellone di quest’anno: dalle atmosfere gershwiniane di un sempreverde Arthur “Art” Garfunkel alle carnascialesche gag del “carro di Tespi” dei comici di “Made in Sud”.

Insomma, un teatro a fare da specchio convesso alla narrazione renziana del reale. Se non lì, dove il funambolico leader “dem” sarebbe stato maggiormente a suo agio? Le tavole del Ciak assurte, in un fine-settimana da inizi saldi di stagione, a ombelico del mondo progressista. Altro stile, altra storia per quelli della banda avversaria: i Jets, i “newyorkesi” di “West Side Story”. Da Pierluigi Bersani con improbabili metafore al seguito, alla precotta promessa Roberto Speranza, all’ammazza-speranze Massimo D’Alema, al dotto Valerio Onida: dal Diritto alla politica biglietto di sola andata; all’icona vivente del multiculturalismo: Laura Boldrini, quella che…meglio un milione di immigrati in più a bivaccare per le contrade del Belpaese piuttosto che un solo italiano lasciato a sguazzare nei suoi fallaci princìpi identitari. E, dulcis in fundo, gli ubiqui Andrea Orlando e Gianni Cuperlo, un po’ piddini un po’ qualche altra cosa, strana coppia di pirandelliani per caso: compassati personaggi in cerca d’autore. Presente all’appello e schierato il “Chorus line” dei progressisti più progressisti degli altri. Manca solo la tenda di Romano Prodi, assente giustificata. Come i seguaci del messia, riuniti intorno al desco di una singolare prima/ultima cena nella rassicurante ed evocativa piazza dei Santi Apostoli, nel luogo che fu dell’Ulivo prodiano, a intonare quel motivetto che non è sacro e non è profano ma solo stonato: “Insieme”.  C’è un mondo progressista che si spacca? Che, se soltanto il codice penale glielo consentisse, finirebbe in stile sfida all’ok corral: pistolettate e Mezzogiorno di Fuoco? Nossignore, sono soltanto “quei bravi ragazzi” che si pestano, in giro per le medesime strade dai lampioni rotti e dalle eterne buche nell’asfalto dell’unico vecchio quartiere rimasto sempre uguale a se stesso. Come i “Jets” e gli “Sharks” di West Side Story. Se non fosse che sono formidabili da loro a fare il verso a Tafazzi ci sarebbe da sospettare che muoiano dalla voglia d’imitare quelli del centrodestra che, in fatto di sberle in famiglia e sui testicoli, non hanno eguali.

Che bel quadretto questo “dopo-voto” a sinistra! Ma non lasciatevi trarre in inganno: non c’è alcuna scomposizione seria in atto. Si tratta delle solite scazzottate di uomini che si odiano fregandosene del Paese. Non c’è sostanza politica nelle apparenti fratture. Piddini e loro contendenti del nuovo soggetto politico “Insieme” restano facce di una sola medaglia. Si combattono, ma sulle cose che contano, quelle che ci cambiano la vita, la pensano alla stessa maniera. Loro sono quelli dello Ius soli e della Stepchild adoption; sono quelli della destrutturazione programmata delle differenze di genere e, a seguire a ruota, del dissolvimento dell’identità culturale degli italiani. Sono quelli delle porte aperte a tutto e a tutti. E se oggi litigano per chi debba salire sul mucchietto di letame a fare chi-chi-ri-chì, non vuol dire che stiano lavorando per farne due di sinistre. Allora, cari teorici del “Grande Inciucio” non fatevi soverchie illusioni sulle più auspicate che ragionate svolte moderate del giovanotto Renzi. Nei progetti di questo Pd non è contemplato un Berlusconi sull’uscio di casa da fare accomodare. L’unica cosa che si vuole dal centrodestra è rubargli l’elettorato. A imbarcare il resto proprio non ci si pensa. E di “Grosse” con Renzi c’è solo la fregatura. Statene certi.

Aggiornato il 04 luglio 2017 alle ore 22:31