Lo schema delle due sinistre

La formalizzazione dell’esistenza di due sinistre, avvenuta sabato scorso a Milano e a Roma, indica con estrema chiarezza che non esiste alcuna possibilità di dare vita a una legge elettorale di tipo maggioritario. All’interno del centrodestra c’è una spinta forte, alimentata dal recente risultato elettorale amministrativo, in favore di un ritorno al “Mattarellum” o una qualsiasi legge elettorale con un premio di maggioranza per la coalizione vincente. Se una riforma del genere venisse realizzata il fronte moderato unito avrebbe grandi possibilità di battere sia il Partito Democratico che il Movimento Cinque Stelle e potrebbe legittimamente sperare di tornare al governo.

Ma la conferma che la sinistra si è divisa in due e che le due parti, il Pd di Matteo Renzi e il campo progressista di Giuliano Pisapia, sono al momento inconciliabili, rende l’ipotesi della legge elettorale maggioritaria del tutto irrealizzabile. Per dare un minimo di credibilità a questa prospettiva bisognerebbe che Matteo Renzi annunciasse ufficialmente di accontentarsi della segreteria del Pd e di rinunciare alla candidatura a Premier. Al tempo stesso bisognerebbe che Pisapia, Bersani, D’Alema e lo stesso Romano Prodi prendessero per buono l’annuncio dell’ex presidente del Consiglio e si dicessero disponibili a ricomporre l’unità della sinistra rinunciando alla candidatura a premier per uno di loro. Ma Renzi non ha alcuna intenzione di fare un passo indietro. E lo stesso non sono minimamente intenzionati a compiere gli esponenti della sinistra radicale, uniti soprattutto nella opposizione inderogabile all’“usurpatore” toscano .

Le due sinistre divise e antagoniste rendono impossibile l’indirizzo della legge elettorale verso uno sbocco maggioritario. Non esistono i numeri in Parlamento per una soluzione del genere. E questo rende inevitabile la conferma del proporzionale, o nella formula del Consultellum o in quella del simil-tedesco rivisitato e corretto.

Nella nuova legislatura, quindi, il governo nascerà dall’alleanza tra le forze politiche meno conflittuali tra di loro. Ed è questo che dovrebbe far riflettere quanti danno per scontato che le due sinistre siano destinate a rimanere separate e conflittuali anche dopo il voto. Questa guerra non è affatto imperitura. Le elezioni potrebbero assumere agli occhi delle due sinistre il significato di nuove e definitiva primarie per la leadership della sinistra. E se i risultati delle due formazioni dovessero consentire la creazione di un asse tra nemici per tornare al governo, non si può affatto escludere un accordo tra le due sinistre per la conservazione del potere.

Perché il centrodestra articolato in diverse componenti non incomincia a riflettere sull’eventualità di applicare uno schema del genere a se stesso?

Aggiornato il 04 luglio 2017 alle ore 22:26