Macron e il partito europeo

Secondo Sergio Fabbrini - vedi l’editoriale del 25 giugno scorso de “Il Sole 24 Ore” - “è indubbio” che il recente Consiglio europeo dei capi di governo dell’Ue “ha rappresentato una svolta”, ovviamente positiva. Per quanto riguarda l’agenda, “grazie all’iniziativa del nuovo presidente Emmanuel Macron (...) l’Unione europea è ritornata a porsi il tema della propria sicurezza e difesa”.

La svolta è dovuta a fattori contingenti, in primo luogo “l’elezione di una amministrazione neo-nazionalista a Washington” che costringe l’Europa a fare da sé anche in quel settore, ma l’evento non può non evocare il ricordo della bocciatura, nel 1954, della Comunità Europea di Difesa (Ced) ad opera di una Francia a trazione gollista e comunista. Ancora una volta, si dimostra che l’agenda politica europea dipende molto da Parigi, così come quella economica dipende da Berlino. I due Paesi si integrano, quando si tratta dell’Europa, in un asse determinante nell’indicare la direzione di marcia dell’intero Continente. Come dire che se il motore è tedesco, il volante resta in mano ai francesi.

Dunque, da oggi in poi dovremo guardare con sempre maggiore attenzione alle iniziative dell’ospite dell’Elysée. E se Macron ha vinto le elezioni presidenziali e parlamentari sventolando la bandiera blu con le stelle dell’Europa, c’è solo da sperare che non voglia adesso o non debba, da presidente, ammainarla. Gli europeisti, i federalisti attenti e accorti gli hanno concesso fiducia, ora però devono metterci qualcosa anche di loro. Nessuno si illuda che Macron sia un nuovo Altiero Spinelli (o Marco Pannella), non è nemmeno sicuro che il giovane presidente francese abbia una visione precisa del tormentoso processo della costruzione europea e dunque del cammino da intraprendere, ma tutti dobbiamo essere consapevoli che se Macron fallirà nel ruolo di leader europeo la colpa sarà anche di quanti, per scetticismo o incapacità, si rifiuteranno rispetto al compito di sostenerlo e di incalzarlo con determinazione e generosità. L’Europa non sarà salvata dagli scettici, i dubbiosi o i pavidi, ma da chi ci porrà la sua faccia.

La messa in comune di un sistema e di strutture comuni di difesa non è ancora l’avvio di un processo federativo, alla Spinelli diciamo. Ma Spinelli, e con lui i federalisti di allora, avvertirono che la messa in comune della difesa e della sicurezza (la Ced, insomma) sarebbe stato il primo fondamentale passo verso l’unificazione anche politica. Perché non rinnovare oggi quella speranza?

Tra il 1954 e l’oggi c’è però una differenza importante. Allora i processi politici europei si svolgevano esclusivamente in ambiti istituzionali. I governi proponevano, i parlamenti decidevano. I popoli? Non esistevano, parlavano attraverso le loro rappresentanze. Oggi le sole istituzioni non bastano, i parlamenti sono piuttosto screditati, mentre i popoli - diciamo, le opinioni pubbliche - sono agitati, tumultuanti come mari in tempesta. I populismi, i sovranismi, gli astensionismi di massa sono le secche sulle quali la fragile navicella dell’Europa (En marche?) può incagliarsi e naufragare. Per quanto istituzionalmente forte, per quanto garantito dall’appoggio della cancelliera Angela Merkel, Macron dovrà tenere conto degli umori popolari. Paradossalmente, questa è una situazione che può far crescere il tasso di democrazia. Purché alle spinte antieuropee si contrapponga una spinta popolare consapevole e forte.

Detto in altre parole, Macron potrà sviluppare progetti europei più ambiziosi solo se avrà il conforto e l’appoggio di una opinione pubblica massiccia: o, meglio, di un soggetto politico europeo, consistente e consapevole. Non basterà più sventolare nelle piazze le bandiere stellate, esibire lo slogan “Europe First”, recitare come un mantra il “Manifesto di Ventotene”. Occorrerà molto di più: un vero e proprio Partito Europeo. Difficile realizzarlo? Può darsi, ma comunque deve essere chiaro che se questo soggetto politico non nasce, sarà sciocco, irresponsabile e anche vile prendersela con Macron. Lui, almeno, ci ha provato.

Aggiornato il 28 giugno 2017 alle ore 22:11