La Merkel fra il Cavaliere e Salvini

Come chiosa il benemerito “Dagospia”, lo sport più antico del mondo, dopo tutte le elezioni, è quello di fare forti dichiarazioni del “non abbiamo vinto”. E il primato, questa volta, è indubbiamente di Beppe Grillo con la sua “crescita debole ma inesorabile”. Contento lui. O, per dirla con gli spagnoli: a mal tiempo, buena cara. C’è anche l’altro sport, parallelo e altrettanto antico, praticato da chi dichiara fin da subito di avere vinto più di tutti, in modo particolare più del proprio alleato. Avrete capito che stiamo parlando di Matteo Salvini che con la Lega alleata con Forza Italia ha ottenuto brillanti successi che fanno bene sperare nei ballottaggi. Il fatto è che il Matteo leghista non solo non ha mai smesso di indicare nella sua Lega il vincitore più autentico, ma ha testé dichiarato, tanto per non mandarlo a dire all’alleato, di candidarsi a premier, alle più o meno prossime politiche. Sempre per proverbi, vale l’eterno detto del “fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”, quello di Arcore, tanto per cominciare.

Non a caso, sia il Cavaliere in prima persona che i suoi collaboratori - fra cui Maurizio Gasparri al nostro giornale - hanno posto un alt alla corsa salviniana, invocando prudenza, unità e coesione da un lato e dall’altro ribadendo che (volente o nolente Salvini) sarà Silvio Berlusconi il premier in caso di successo del centrodestra. Intanto si andrà al secondo turno e immaginiamo il gruppo dirigente di Forza Italia fare gli scongiuri ben sapendo che il proprio elettorato è quello fra i più pigri a recarsi alle urne. Sarà comunque interessante dopo i ballottaggi vincenti analizzare da vicino i componenti delle liste vincitrici e c’è da scommetterci che i nominativi messi da Forza Italia faranno la differenza con quelli della Lega. Si vedrà. Tanto più che per le elezioni politiche non sappiamo ancora con quale sistema si voterà, benché il Cavaliere punti sul proporzionale e, all’opposto, Salvini reclami il maggioritario, entrambi pro domo sua, si capisce. E poi e poi...

Poi c’è sempre il cosiddetto terzo incomodo che, nel caso che riguarda Forza Italia e Lega ha un nome altisonante e pure pesante: Angela Merkel. La quale, ne siamo più che certi, vigila e vigilerà su di noi soprattutto perché la Lega a conduzione salviniana ha promesso l’uscita dall’Euro - si presume con un referendum - e pure dall’Europa ponendosi in capo la corona sovranista. Ora, tutti noi conosciamo la schietta vocazione europeista di Silvio; una vocazione che viene da lontano e che si è incrociata con quella della Merkel, ma non solo. Conosciamo anche la sua adesione politica ai trattati, ai patti, alle alleanze e agli accordi che, tra l’altro, ha portato alla presidenza del Parlamento europeo quell’ottima persona che è Antonio Tajani. E solo i ciechi non hanno visto il convinto ma decisivo aiutino della Merkel a questa alta e importante carica.

Forse, anzi senza forse, non arriveranno da Berlino dei memento interessati, ma Berlino è sempre Berlino e l’Europa pure. E allora? Allora sarà ipotizzabile mettere in conto, più che l’ostinazione pura e dura salviniana, una sua malleabilità, una riflessione magari nel mare della tranquillità arcoriana, con valutazioni posate, zigzagando sul più e il meno, con allegre perifrasi ed eleganti volute tese a far capire che quella durezza e ostinazione del Salvini era più in funzione dei ballottaggi che altro. Era propaganda non politica, insomma, un modo per tenersi un elettorato puro e duro. Insomma, più fumo e niente arrosto. Ja! direbbe Angela.

Aggiornato il 14 giugno 2017 alle ore 21:31