Il “Tedeschellum” e “i cani di paglia”

Il Pd renziano non è di Matteo Renzi. È ciò che emerge dalla bagarre scatenatasi nell’aula di Montecitorio, l’altro ieri, sulla legge elettorale. Il “tedeschellum” è stato colpito e affondato grazie a un trappolone organizzato dai pasdaran “ulivisti-per-sempre” su un emendamento al testo in discussione. Cos’è accaduto? La deputata forzista Michaela Biancofiore non ha resistito alla tentazione di far valere le ragioni del cuore all’astuzia. Da sempre la “valchiria azzurra” conduce la battaglia (sacrosanta) per la parificazione del sistema elettorale del Trentino-Alto Adige a quello nazionale. L’argomento era stato affrontato in commissione e respinto. Il Pd mai avrebbe acconsentito ad annullare il privilegio istituzionale concesso agli altoatesini. Ma la “pasionaria” Biancofiore ha insistito nonostante il gruppo di Forza Italia non la seguisse sulla strada dell’emendamento  per modificare il testo di legge concordato. A quel punto i deputati Cinque Stelle, afflitti da improvvisi mal di pancia provocati dall’ala dura di Roberto Fico e Carla Ruocco, contrarissima al “tedeschellum”, sono cascati come gonzi nella trappola. Pensavano di votare a scrutinio segreto l’“emendamento Biancofiore” per dare un segnale di differenziazione dalla maggioranza parlamentare favorevole alla legge, nella certezza che non sarebbe passato. Invece le volpi del pollaio renziano, che non hanno mai smesso di prendere ordini da Romano Prodi e da Giorgio Napolitano, hanno colto al balzo l’occasione per far saltare il banco. Non vi è alcun dubbio sul fatto che la maggioranza ampia che si è ritrovata sull’”emendamento Biancofiore” sia stata gonfiata dai franchi tiratori anonimi appostati nel Partito Democratico. Era prevedibile che a un certo punto dell’iter d’approvazione della legge ciò accadesse, tonti i Cinque Stelle che ci sono cascati. Intanto, è iniziato il balletto delle responsabilità. Tutti accusano tutti ma questa è solo scena, anzi sceneggiata.

La verità à che lo stop al “tedeschellum” è uno stop a Renzi. C’è un establishment ben rappresentato dalle vecchie cariatidi dell’Ulivo-che-fu che non vedendo di buon occhio un ritorno del “rottamatore” a Palazzo Chigi, né in autunno né nel futuro prossimo, sull’onda di una larga intesa con l’odiato Berlusconi, ha mosso le sue pedine. Ora la legislatura è in cortocircuito. Il presidente della Repubblica non concede le urne se prima non si approva una decente legge elettorale. La legge non la si riesce a fare per via delle troppe trappole disseminate dai sabotatori del maxi-accordo. Risultato: tutto resta com’è. Esattamente ciò che vuole il partito trasversale dell’establishment, allergico a qualsiasi manifestazione di volontà del corpo elettorale. Perché sorprendersi? Prendere tempo per costruire una figura di leader alternativo a Matteo Renzi è l’obiettivo sul quale la lobby del non-voto si sta concentrando e la trappola dell’altro ieri è solo il primo atto di una strategia di lungo termine. Allora è finita così? Non è detto. D’altro canto, era illusorio pensare che una decisione definitiva potesse giungere prima dell’esito delle amministrative di domani. Dipende da cosa diranno le urne per comprendere se il “tedeschellum” abbia o meno ancora una chance. Un forte ridimensionamento del consenso ai grillini potrebbe indurre il Movimento Cinque Stelle a riprendere frettolosamente la trattativa interrotta. Allo stesso modo, un Renzi rinvigorito da un buon risultato potrebbe essere spinto a ingaggiare quell’Armaggedon nel suo partito che solo in parte s’è consumato al congresso.

Rianimando il “tedeschellum” con la certezza della fedeltà dei Cinque Stelle costretti a subirlo gioco-forza, Renzi potrebbe sfidare i franchi tiratori che preparano nuove imboscate coordinandosi con gli occupanti della “tenda” piazzata da Romani Prodi fuori della porta del Nazareno. A quel punto si avrebbe la tipica situazione all’italiana: morto il “tedeschellum”, se fa un altro. Per sapere come finisca non bisogna attardarsi nelle polemiche di facciata di una parte contro l’altra ma attendere i risultati dei voti conteggiati la notte di domani e verificare chi abbia davvero vinto. E chi, invece, abbia perso. Allora potremmo assistere, come testimonierebbe uno degli evangelisti, al “tedeschellum” che: “morto e sepolto, il terzo giorno risuscitò”.

Aggiornato il 12 giugno 2017 alle ore 10:13