Al centro: Parisi, oh caro...

Centro, centralità, centrismo, moderatismo. Ieri, oggi e domani. I centristi postdemocristiani alla De Mita e la voglia di rifare, magari con Mastella, la vecchia Dc che, peraltro, di centro lo era davvero.

I centristi tipo Alfano and Co. che pure del centro si sono sempre riempiti la bocca, ma adesso? Come ricorda il nostro direttore, una parte dell’area di centro di oggi è reduce da una scissione (a sinistra!) con Forza Italia che l’ha collocata nel centrosinistra alla Matteo Renzi, laddove il “centro” sarebbe appunto anche l’ex sindaco di Firenze ancorché insieme agli Alfano, ai Lupi, ai Formigoni e così via, con un interrogativo dalle troppe risposte: ma la gauche, la sinistra chi è, dove sta, dal momento che Renzi non soltanto giura di farne parte ma ne vorrebbe un’altra, magari con i Pisapia e gli ex Bersani e D’Alema. I quali lo risospingerebbero al centro in un gioco ai quattro cantoni, cui la Seconda Repubblica ci ha abituati, e pure stancati, anche a causa di una diffusissima amoralità parlamentare che ha spinto circa quattrocento deputati (400!) ad abbandonare i partiti da cui erano stati eletti. Uno scandalo, direte voi. Anche. Ma soprattutto un’assenza, un vuoto, una mancanza, non tanto o non soltanto dei partiti quanto, e in primo luogo, della Politica. A questa tragica assenza hanno contribuito all’origine l’indimenticabile operazione di “Mani Pulite” appoggiata da postcomunisti, Lega e postfascisti di Fini, col risultato, incredibile anche questo, di svuotare i partiti, ormai ex, che l’avevano incautamente incoraggiata. Ma tant’è. Il centro politico, dunque. Che è storicamente una necessità prima ancora che una scelta per il semplice motivo che rappresenta la vocazione alla moderazione che è di per sé una necessità ineludibile per una ascesa politica al governo. E se persino il buon Cavaliere ricorda ad ogni pié sospinto la sua storica collocazione al centro, laddove la destra erano Lega e ex An, resta da capire come quando e con chi uno schieramento moderato, e dunque senza i Salvini e i La Russa, può competere con Renzi e gli altri nel contesto del nuovo sistema elettorale, Grillo permettendo, purtroppo.

In questo quadro in movimento va tenuto d’occhio Stefano Parisi, che non avrà tanti voti ma conserva e acumina una sua caratteristica umana e politica: la ricerca quotidiana di una dimensione articolata, di una costanza liberale per una linea non a zig-zag, di una posizione autonoma che non respinge il pluralismo senza confonderlo con l’assenza di principi. La laicità, che sembrava morta e sepolta da nuovismi a parole, buonismi di facciata, grillismi giustizialisti ed ex nordismi risorti sovranisti lepeneggianti, offre ora una ulteriore porta aperta, ancorché più stretta di quella del Cavaliere, ma nondimeno con una indubbia capacità di richiamo e di raccolta in funzione di una più che possibile - e da molti auspicabile - alleanza fra forze omogenee. La forza, appunto, che non è soltanto numerica. E che è bensì della Polis ma anche della cultura che nei tempi andati si chiamava liberale, radicale, laica. E quella di Parisi potrebbe, potrà essere uno stimolo, una spinta, una collaborazione di qualità all’interno di un quadro di operante solidarietà. Hai visto mai...

Aggiornato il 07 giugno 2017 alle ore 21:17