Nelle urne italiane il ritratto di Angela Merkel

Mentre in Italia la politica cerca la quadra sulla legge elettorale, in Germania la signora Angela Merkel prepara la camicia di forza con la quale vorrebbe immobilizzare lo scomodo alleato Donald Trump. Agli inizi di luglio ad Amburgo si terrà il G20. Sarà quella l’occasione giusta per lanciare la controffensiva all’”America first” del neo-presidente statunitense? È assai probabile che la signora Merkel ci provi, ma con quali esiti è da vedere. Pensare di tirare dalla propria parte i grandi player dello scacchiere globale in una santa alleanza contro l’aspirazione a un nuovo protezionismo economico dell’inquilino della Casa Bianca è obiettivo che rasenta l’utopia. Cionondimeno, la cancelliera è in campo.

Gli indizi in tal senso sono inequivoci. Intesa con la Cina, divenuto primo partner commerciale della Germania, in nome della difesa a oltranza della globalizzazione e dei mercati aperti; promesse di sinergie rafforzate con l’emergente economia indiana fatta al premier Narendra Modi, ospite l’altro ieri nella residenza della cancelliera a Schloss Meseberg; coinvolgimento dei sauditi, appena gratificati da Trump con una mega-fornitura d’armi del valore di 110milardi di dollari, nella definizione dell’agenda del summit G20. Insomma, Berlino muove all’attacco dell’amministrazione americana. Il pretesto formale per giustificare tanto attivismo diplomatico le viene offerto dalla necessità di garantire al vertice di Amburgo una sorte migliore di quella toccata alla deludente passerella del G7 di Taormina. L’accordo sul clima, innanzitutto, da rilanciare per costringere nell’angolo il riottoso partner d’oltreoceano che se ne vorrebbe tirare fuori. Ma la priorità dell’offensiva sta nelle garanzie per il libero commercio.

L’interesse della cancelliera è di assicurare libertà sui mercati alle esportazioni dal proprio Paese. Ridotta all’osso la questione per Berlino è: vendere di più e comprare di meno. Non è poi tanto complicata la filosofia della signora Merkel. Nulla di strano dunque, se non fosse che la strategia tedesca deve quanto meno interrogarci. Cosa ne ricaviamo noi europei dall’essere trascinati in uno scontro frontale con gli Stati Uniti? Siamo certi che ciò che conviene alla signora Merkel faccia il bene anche degli altri? Ne dubitiamo fortemente. Nella “campagna d’estate” di frau Angela, di là dalle ragioni di merito, è l’approccio che resta inaccettabile. La cancelliera parla per il suo Paese oppure ritiene di potersi pronunciare in nome e per conto di tutta l’Unione europea? In questo caso verrebbe da chiederle chi l’abbia autorizzata a prendere decisioni per tutti. Intendiamoci, l’obiettivo di una maggiore integrazione europea è nelle corde della nostra democrazia, ma ritrovarci senza averlo deciso ad essere, con la Grecia, il land più meridionale del nuovo impero germanico non corrisponde a ciò che la maggioranza degli italiani desidera. Abbiamo scelto di essere cittadini europei, non sudditi del “Reich”. E i politici nostrani che tanto si sono accapigliati sui modelli elettorali, condividendone neanche a farlo apposta uno “alla tedesca”, farebbero bene a preoccuparsi di chiarire come la pensano.

Gli elettori devono conoscere, prima e non dopo il voto, le posizioni dei singoli partiti. Chi si candida a governare il nostro Paese deve spiegare se e come intenda fronteggiare la risorta volontà di potenza della Germania. Con i pugni fintamente battuti sul tavolo da Matteo Renzi o con la “coerenza” dei Cinque Stelle che un giorno sono contro l’Europa matrigna e l’altro chiedono l’iscrizione all’”Alde”, il gruppo parlamentare più filo-eurocratico che siede a Strasburgo? E qual è la posizione definitiva di Forza Italia? Quella di chi contesta le politiche di Bruxelles ispirate da Berlino, strangolatrici della nostra economia e responsabili dell’impoverimento del Paese, oppure sono i peana alla cancelliera, intonati dalle parti del gruppo europarlamentare azzurro? Sia inteso che qualsiasi scelta è legittima, a patto che la si dichiari apertamente e non si menta agli elettori. Di molte cose che non ha l’Italia avrebbe bisogno, ma almeno di una non può farne a meno. Della verità.

Aggiornato il 31 maggio 2017 alle ore 18:01