Fini e Alfano: la nemesi dei due delfini

Se esiste un Dio all’interno della politica italiana, e segnatamente del centrodestra, non c’è dubbio che sia berlusconiano. E anche vagamente vendicativo, sulla falsariga del Jahvè biblico, per intenderci. La nemesi dei due ex delfini furbetti del Cavaliere, Gianfranco Fini e Angelino Alfano, sta lì a testimoniarlo.

Una prova? Il destino che sta accomunando (sotto profili diversi) i due ex delfini di cui sopra: il primo, pesantemente giudiziario, il secondo squisitamente, ma duramente politico. Gianfranco Fini credeva di poter usare la giustizia a orologeria contro il Cavaliere e sta per essere giustiziato. Significativa una frase della gip che ha disposto il sequestro delle due polizze a favore delle figlie avute con Elisabetta Tulliani e in cui si parla esplicitamente di “indagine embrionale e foriera di altri tumultuosi eventi”. Che se non è una promessa di manette poco ci manca.

E d’altronde il politico di Alleanza nazionale che parlava sottovoce, ma non tanto da non farsi beccare nel famigerato fuori onda, con un giudice cui confidava che ormai Silvio Berlusconi era finito perché a un passo della galera (lo stesso politico di An che voleva mandare in carcere gli italiani che si fanno le canne e che ora è accusato di concorso in riciclaggio con un individuo il cui padre faceva affari con Nitto Santapaola, cioè uno dei presunti boss della droga degli anni ’80 e ’90 in Italia), adesso sembra lui a un passo dalla custodia cautelare. Da cui può venire salvato solo perché prima deve passare un vaglio davanti alla Camera, di cui è stato presidente. E magari un aiutino potrebbe essergli dato. Anche se non ci sono garanzie in tal senso.

Ma la nemesi, che punisce chi tradì o chi scese rapidamente (e non per ultimo) come un qualsiasi capitan Schettino quando la nave (del centrodestra) cominciava a fare acqua, sembra ora avere puntato anche il simpatico Angelino Alfano. Che lasciato disinvoltamente il Cavaliere per una poltrona pesante nei governi Monti, Letta, Renzi, e da ultimo Gentiloni, adesso si potrebbe ritrovare senza seggio in Parlamento e con un partito senza rappresentanza perché proprio i suoi alleati gli stanno voltando le spalle. Preferendo paradossalmente mettersi d’accordo con lo stesso Berlusconi e gli ex nemici grillini, nonché con la tanto deprecata Lega di Salvini, per una legge elettorale alla tedesca con uno sbarramento al 5 per cento. E ciò per negare ai partitini come quello di Alfano, che a stento rappresentano i rispettivi dirigenti, l’entrata a Montecitorio e Palazzo Madama.

Una vera e propria eterogenesi dei Fini (ma anche degli Alfani), quindi. Che ora capiranno, forse, di essere stati usati e buttati via dalla sinistra solo per far cadere l’ultimo governo democraticamente eletto dagli italiani dal 2008 a oggi. E chi ha puntato sulla “morte politica” (e forse anche naturale) dell’ottantenne di Arcore si ritrova così “defunto” lui a poco più di 50 o 60 anni. Con il rischio molto attuale di ritrovarsi in autunno in un bel campo di concentramento extraparlamentare per partitini inutili. Determinato dalla legge “alla tedesca”. Tanto per restare in tema.

Aggiornato il 30 maggio 2017 alle ore 17:19