Il declino dei grillini

I sondaggi che indicano il Movimento Cinque Stelle in difficoltà nelle città in cui si vota per le amministrazioni comunali non sono solo il segno di un ritorno alla buona politica da parte dei partiti tradizionali. Sono, al contrario, la testimonianza della incapacità di uscire dalla cattiva politica da parte del loro principale antagonista. La rabbia diffusa nell’opinione pubblica del Paese per le conseguenze della crisi e per l’incapacità dello Stato di farvi fronte non diminuisce. Ma si fa largo nella stessa opinione pubblica la consapevolezza che non può essere il Movimento di Beppe Grillo e Davide Casaleggio la risposta ai grandi problemi del presente. Non solo perché il suo gruppo dirigente è del tutto inadeguato, ma perché i suoi uomini più rappresentativi danno l’impressione che, una volta investiti di un qualsiasi potere pubblico, saprebbero solo aumentare le complicazioni e le difficoltà.

Il caso Roma insegna. Posta di fronte alle questioni complesse della Capitale la classe dirigente grillina, cioè non solo la sindaca Virginia Raggi e i suoi collaboratori ma tutti i dirigenti nazionali dei 5 Stelle, Beppe Grillo compreso, hanno messo in mostra un’abissale incapacità di risolvere anche il più misero dei problemi. L’unica attività che distingue i grillini a Roma è la loro insistenza nella protesta contro i disastri avuti in eredità dalle precedenti amministrazione. Ma in un anno di tempo, che non è molto ma è fin troppo sufficiente per far emergere un pizzico di capacità operativa, hanno dimostrato di non sapere neppure da che parte incominciare.

Al fallimento romano si aggiunge quello nazionale. Perché i toni sempre accesi e irati nel contestare il passato e il presente dei partiti tradizionali non riesce più a nascondere la totale assenza di una qualsiasi idea percorribile per il futuro del Paese. In politica estera predicano il nulla e in quella interna non sanno ripetere altro che il mantra ossessivo sul reddito di cittadinanza, cioè su una misura insostenibile non solo sul piano dei costi (venti miliardi all’anno sono una chimera per il bilancio italiano), ma soprattutto su quello dei valori. Negare il valore del lavoro per prospettare la società dei disoccupati perenni condannati alla povertà assistita è una follia di cui l’opinione pubblica incomincia a rendersi conto. Per i grillini è iniziata la decrescita. Che per loro non sarà felice!

Aggiornato il 26 maggio 2017 alle ore 22:12