Pro e contro Europa:   un delirio collettivo

Nel corso del sessantennale del Trattato di Roma il mondo politico italiano, con rare eccezioni, si è distinto per un vero e proprio delirio collettivo. Pur dividendosi grosso modo tra pro e contro l’Europa e pro e contro la moneta unica, le varie forze politiche hanno espresso con 50 sfumature di grigio un’idea sostanzialmente simile: vogliamo una Europa dei popoli che possano vivere sulle spalle di altri popoli. Perché in soldoni questo è ciò che si evince dagli appelli di chi governa e dai diktat di pastafrolla di chi sta all’opposizione. Tutti comunque appassionatamente uniti, per evidenti ragioni di consenso, contro gli attuali vincoli di bilancio imposti dal famoso trattato di Maastricht e ferocemente ostili a qualunque forma di austerità.

E un popolo già decisamente confuso ha potuto ammirare i suoi più autorevoli rappresentanti che hanno fatto a gara nello stigmatizzare la presunta burocrazia europea e l’altrettanto presunto rigore imposto dai Paesi del Nord. Tutto questo come se il Paese di Pulcinella fosse il regno della buona e oculata amministrazione e non un luogo dominato da un’impenetrabile giungla di norme e steccati protezionistici che ben poco hanno a che vedere con Bruxelles.

Non c’è niente di più delirante che assistere al lugubre spettacolo di un’intera classe politica la quale invoca ulteriori politiche espansive, ossia altra spesa pubblica per accaparrarsi i voti, all’interno di un sistema indebitato fino al collo e devastato oltre ogni misura da decenni di assistenzialismo e di crescente tassazione. Da questo punto di vista, si è persa forse definitivamente l’occasione di utilizzare politicamente al meglio la nostra permanenza nella zona Euro come un formidabile vincolo esterno al fine di riequilibrare la nostra dissennata propensione al cosiddetto deficit spending.

Sembra invece, ahinoi, che oramai la spinta ad interpretare l’Europa unita come un bancomat abbia contagiato gran parte della sfera politica, determinando un’evidente interazione tra quest’ultima e le componenti della società più inclini al protezionismo pubblico. Ciò, forviando la percezione dei più dai profondi e molto interni problemi sistemici, non può che aggravare la condizione generale di un Paese che si ostina a vivere sopra i propri mezzi e ben oltre i confini della realtà.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:55