Violante, acqua calda  e neo-giustizialisti

Può sembrare assolutamente stravagante che sia stato Luciano Violante a difendere il voto con cui il Senato ha respinto la richiesta di decadenza di Augusto Minzolini richiesta da una sentenza della magistratura. Per anni l’ex Presidente della Camera dei deputati con alle spalle l’esperienza di magistrato impegnato nella lotta al terrorismo è stato considerato l’artefice della politicizzazione della magistratura e il campione delle cosiddette “toghe rosse”. Chi è rimasto fermo a quell’immagine di Violante sarà sicuramente sobbalzato sulla sedia leggendo le dichiarazioni rilasciate dal rappresentante più rappresentativo di quella che veniva definita la via giudiziaria al socialismo in favore dell’autonomia del Senato e contro quanti avevano definito addirittura illegittimo il voto di Palazzo Madama. E si sarà posto infiniti interrogativi sulle ragioni di questa apparente folgorazione sulla via del garantismo del personaggio antesignano del progetto della Repubblica delle toghe progressiste.

Tutti questi quesiti, però, non hanno alcuna ragione di essere. Perché nel comportamento di Violante non esiste alcuna contraddizione o ripensamento di sorta, ma una piena e completa continuità della convinzione relativa al primato della politica. Questo primato l’ex Presidente della Camera lo perseguiva quando si batteva per la via giudiziaria al socialismo e considerava la strada dell’azione giudiziaria un semplice strumento da utilizzare per un fine politico. E questo primato Violante lo ha ribadito l’altro giorno, quando ha dichiarato che la pretesa dei giustizialisti odierni di considerare la magistratura un potere superiore a quello delle assemblee legislative è totalmente sbagliata in quanto lesiva dello Stato di diritto.

C’è una novità, comunque, nella coerenza intellettuale di Violante. E questa novità riguarda la denuncia da lui fatta del pericolo che il populismo giudiziario e il giustizialismo senza freni possano determinare un’involuzione di stampo autoritario nelle istituzioni del Paese. L’ex teorico dell’uso politico della giustizia si è reso conto che l’arma giudiziaria si è progressivamente trasformata da strumento per un obiettivo politico a fine ultimo dell’azione politica. I giustizialisti di oggi non puntano alla realizzazione del socialismo smantellando lo stato borghese a colpi di azioni giudiziarie, ma cercano di realizzare la Repubblica teocratica della magistratura corporativa usando l’azione politica come strumento per cancellare lo Stato di diritto. Per chi denuncia da tempo questa pericolosissima trasformazione del giustizialismo, la denuncia di Violante è come la scoperta dell’acqua calda. Ma non si tratta di una scoperta marginale. Perché l’acqua dell’ex Presidente della Camera è bollente e brucia i convertiti al populismo giudiziario dei totalitaristi, consapevoli o inconsapevoli che siano!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:57