Le radici del successo dei Cinque Stelle

Ascoltando, nel corso dell’ultima puntata di “DiMartedì”, l’ennesima tiritera del grillino Luigi Di Maio circa le magnifiche sorti e progressive dell’umana gente italiota sotto un futuro Governo a Cinque Stelle. Mi sembra evidente che, nella tale eventualità, andiamo incontro a una catastrofe conclusiva, visto l’impianto complessivamente demenziale dei programmi strombazzati dal partito fondato da Beppe Grillo. Un’indigesta melassa di buone intenzioni e di proposte insensate, vedi reddito di cittadinanza o uscita dall’Euro, le quali non possono che provocare il collasso immediato del sistema, soprattutto se applicate con la stessa irresponsabile sicumera con cui vengono propagandate.

D’altro canto, come ho già avuto modo di scrivere su queste pagine, l’impetuosa crescita dei populisti pentastellati - caso unico in Europa e forse nel mondo in quanto a dimensioni - viene da molto lontano e ha le sue radici in una società fortemente involuta che, a livello di rappresentanza, non ha mai saputo andare oltre un’offerta politica di stampo sostanzialmente assistenzialistico. Una tendenza quest’ultima presente in tutte le democrazie occidentali, ma che da noi, come dimostra il perenne dissesto dei bilanci pubblici a tutti i livelli, ha raggiunto una dimensione insostenibile. E mentre in altri Paesi caratterizzati da un possente e capillare welfare la società è riuscita ad invertire la tendenza, affidandosi a partiti che poi hanno effettivamente adottato il necessario rigore (emblematico il caso della Svezia che è stata in grado di tagliare 18 punti di spesa pubblica in 10 anni), in Italia ha continuato a crescere e a diffondersi un’idea dell’azione politica integralmente taumaturgica. Una idea che, in soldoni, si concretizza con la promessa espressa nei riguardi della generalità dell’elettorato di poter vivere alla grande sulle spalle di qualcuno, Stato italiano o Europa unita che dir si voglia.

Ovviamente, chi abbia un minimo di sale in zucca e di senso della responsabilità sa bene che le risorse economiche non sono infinite e che, in particolar modo, le politiche redistributive non possono essere dilatate all’infinito. Tuttavia, se per decenni i partiti di turno si sono fatti la concorrenza alzando sempre più la posta delle sinecure e delle mance da regalare al popolo, promettendo ai singoli di occuparsi di loro dalla culla alla tomba, l’esplosione del Movimento Cinque Stelle appare come l’evoluzione naturale del germe assistenzialista sparso a piene mani un po’ da tutti nel corso del tempo. Un Paese dominato da un forte analfabetismo funzionale, tendente a prendere per oro colato le illusioni elettoralistiche di una classe politica perfettamente aderente alla mentalità dominante, è quasi inevitabile che finisca nella rete di un movimento che fa della demagogia la sua unica ragione sociale. Resta il fatto che se l’unica opzione politica accettabile per un numero crescente di cittadini è rappresentata dall’avventurismo a Cinque Stelle, ciò dimostra che stiamo messi veramente male.

Aggiornato il 03 maggio 2017 alle ore 11:08