Politici: uniti sì, ma contro la TiVì!

Ci sono momenti nei quali, vivaddio, l’unità dei partiti, la massima delle unità possibili e immaginabili, va chiesta, raggiunta ed eseguita: illico et immediate, possibilmente. Ma quale finanziaria, ma quale voucher, ma quale fiducia al governo, queste sono quisquilie, bazzecole, pinzillacchere (Totò); è la Perego (Paola) il problema dei problemi, con quelle ragazze dell’Est messe a nudo (metaforicamente, per fortuna) dalla Rai tv di sabato pomeriggio. Apriti cielo! Vergogna, sdegno e indignazione. Un grido solo, alto e soprattutto all’unanimità, si levò dal Parlamento: cacciate l’infame! E così è andata (a casa). Con tanto di scuse dei vertici del Sevizio Pubblico Radiotelevisivo rivelatrici, le scuse, peraltro non richieste, di un qualche complesso di colpa o di mancato controllo delle tante, tantissime scemenze che la Rai, in buona compagnia con le altre tivù, ci propina e non solo di sabato.

Talché, una scemenza tipo quella di sabato scorso, un banale siparietto che nemmeno nel più scassato dei cinepanettoni è mai transitato, è diventata l’occasione per un “embrassons-nous” parlamentare, come per dare una risposta alta e responsabile alla dilagante sfiducia nei partiti, nelle istituzioni, nei governi, nei senati e camere vari. Applausi e complimenti vivissimi. E, come si dice, alla prossima, ché, c’è da giurarci, la prossima stupidata e non la prossima legge finanziaria, assurgerà al ruolo di spinta etico-politica per la compattezza unanime del vero, unico e vincente partito cosiddetto della morale e del buongusto pubblici. Capirai...

Ora, ritornando al ruolo del Parlamento (con la P maiuscola) non v’è più alcun dubbio che nessun autentico problema, nessuna delle necessità più impellenti, nessuno dei programmi più impegnativi potrà riscattare una rappresentanza del popolo italiano che, a quanto pare, più che pensare e riflettere sulla propria missione si gingillerà con falsi problemi come quello di cui sopra. E Beppe Grillo, ovviamente, raccoglierà i frutti di uno dei tanti tradimenti della politica, pur sapendo perfettamente, a cominciare da sé medesimo, di non riuscire mai e poi mai a essere un’alternativa degna di questo nome. Lui è bensì un ex comico televisivo ma anche, e soprattutto, un irraggiungibile fiutatore dei sentimenti della pubblica opinione e perciò sta lì con la sporta della spesa (come si dice a Milano) ad aspettare nuovi e ben altri frutti. Parlavamo, parliamo, di tradimento della politica. Come definire altrimenti la totale o quasi mancanza di consapevolezza, non tanto o soltanto della propria autorità-autorevolezza, quanto, soprattutto, della propria missione che, giorno dopo giorno, è messa in questione sia dai grillini, peraltro in crisi interna pure loro, sia dai rappresentati, ovverosia dalla gente italica, dal popolo. Siamo partiti da una scemenza televisiva per comodità e, forse, per non prendere di petto l’immane problema che sta alla base delle deficienze politiche, delle assenze colpevoli, dei ritardi impressionanti dei quali chi rappresenta la volontà degli italiani deve farsi carico. Questo problema, questa vera e propria emergenza ha, secondo noi, un nome: l’assenza, la scomparsa, la morte dei partiti. E che questa morte duri da oltre vent’anni è, semmai, un’ulteriore tragedia nella tragedia.

Uno studioso insigne come Sabino Cassese mette da anni il dito sulla piaga, che era ed è il vuoto della politica, il venir meno dei suoi canali di diffusione, l’estinzione della stessa figura del militante collegata strettamente alla sezione d’antan, primo anello nella catena del proselitismo, della propaganda spicciola per un elettorato esterno da coinvolgere e convogliare verso il partito, appunto, inteso come scuola, come formatore di classe politica, come selezionatore di capacità di governo ai diversi livelli.

Via i partiti, eccoci alle piattaforme, alle Reti, ai movimenti, alle centinaia di cambi di casacca una volta inimmaginabili, agli slogan più vieti per catturare il pubblico. Ma, specialmente, per dare a questo pubblico, a noi tutti, una rappresentanza istituzionale, divenuta col tempo e irrimediabilmente l’ombra di se stessa. Nella misura con la quale i capi politici di oggi, tutti o quasi, hanno persino vergogna del termine di partito da attribuire anche al proprio, senza tuttavia vergognarsi giammai di non applicare, al proprio interno, quelle regole democratiche che il costituzionalista Costantino Mortati (come ricordava il nostro direttore) chiedeva fossero introdotte, oltre che nella Costituzione, anche all’interno dei partiti. E poi si lamentano dell’invadenza massiccia della magistratura, della prepotenza dei poteri forti, dello strapotere delle burocrazie. Piangono sul latte versato da loro stessi.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:56