Pagliacci mediatici   per dibattiti surreali

Sabato scorso è andato in onda un dibattito surreale a “Otto e mezzo”, talk-show di approfondimento politico e culturale condotto da Lilli Gruber. Principali protagonisti di un impari confronto tra il delirio e la realtà il sociologo Domenico De Masi, in testa al campionato delle balle spaziali, e l’ottimo economista Mario Seminerio, il quale ha usato molti argomenti ragionevoli per cercare di riportare sulla terra, senza alcun successo ahinoi, il cattedratico De Masi.

L’argomento centrale del contendere verteva su una proposta del sociologo, da cui egli ha tratto un libro che già nel titolo dispiega tutta la sua energia lunare: “Lavorare gratis, lavorare tutti”. In sostanza l’idea partorita dal professor De Masi, probabilmente dopo aver tracannato qualche bicchiere di vino di troppo, sarebbe quella, testualmente, di rompere il mercato del lavoro obbligando chi è già impiegato a cedere 4 ore. Queste ultime, poi, verranno inserite in una piattaforma on-line - stile Uber, tanto per intenderci - a cui i disoccupati italiani potranno accedere, offrendo gratis le loro competenze. Tutto questo, secondo il pensiero demasiano, porterebbe a rivoluzionare dalle fondamenta la nostra economia. Secondo il sociologo, infatti, “se iniziassero tutti a lavorare gratuitamente, nel giro di poco tempo troverebbero un lavoro pagato”.

In sostanza, come ha correttamente sottolineato Seminerio nel corso del dibattito, il modello di un sistema produttivo superfisso prospettato da De Masi, nel quale orari e mansioni si possano interscambiare facilmente, è destinato a sfracellarsi contro la roccia durissima di una complessità sistemica che il pallottoliere economico usato dal sociologo non è minimamente in grado di analizzare.

In realtà i problemi molto italici che soffocano non da oggi la nostra propensione a creare vera occupazione, ossia quella che genera valore aggiunto, sono altrove. A cominciare dai costi proibitivi che la mano pubblica impone a chiunque voglia entrare nel mercato concorrenziale. Costi che, ovviamente, comprendono pure i ricchi stipendi di molti nostri tromboni universitari che, anziché dedicarsi alle cose serie, vanno in giro a pubblicizzare i loro vaneggiamenti intellettuali. Come disse il compianto presidente del Catania calcio, Angelo Massimino: “A questo mondo c’è chi può e chi non può. Io può!”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:56