Politica, giustizia, garantismo sì e no

Sono io che non ricordo bene o quando il presidente della giunta regionale dell’Emilia-Romagna, Vasco Errani, finì nel mirino della magistratura e fu indagato, l’allora segretario del Partito Democratico, Pier Luigi Bersani, ha replicato illico et immediate: “Errani, resta al tuo posto! Lo so che sei innocente!”. Sono sempre io che continuo a ricordare a fatica (ce ne vuole, purtroppo) che la persona che oggi vuole le dimissioni di Luca Lotti (indagato pure lui) è proprio il suddetto Bersani? Voi direte: ma sono affari interni del Pd. Beh, se lo fossero, non ci prenderemmo nessuna briga a finirla lì; il fatto è che non si tratta di affari interni di nessuno, partito o no, di sinistra o no. Si tratta né più né meno che di garantismo; e siccome lo dice la parola stessa, ecco che il contenuto e la forma del garantismo stanno nel termine “garanzia” che è sempre e soltanto a senso unico, non tocca questo o quello, figuriamoci se del governo e dell’opposizione. Tocca ciascuno di noi. Punto e basta.

Basta? Mica tanto, se è vero com’è vero che qualcun’altro dei seguaci di Bersani nella scissione da poco attuata lo imita, ma in peggio, parlando delle dimissioni di Lotti come un fatto di dignità e di stile, manco si trattasse di uno sgarbo morale al Paese quando, invece, è il Paese che dovrebbe capire fino in fondo che le garanzie non sono un’offa, una mancia, non consistono in un dono del sovrano, ma rappresentano l’essenza di un’autentica democrazia. Il garantismo non è mai un pretesto, un modo di dire o un salvataggio di un amico ma è, o dovrebbe essere, un baluardo a difesa dell’innocenza di qualsiasi indagato. Appunto, l’indagato.

Togliamoci pure dalla scarpa alcuni sassolini renziani, non tanto dissimili dai macigni ancorché politici di cui l’allora occupante di Palazzo Chigi si liberò a sua volta, solo che avevano il nome dei suoi ministri; in primis quel Maurizio Lupi che resta pur sempre uno dei più preparati politici di questa maggioranza, poi Federica Guidi, Annamaria Cancellieri e Nunzia De Girolamo, tanto per non parteggiare sia per i rimasti che per i scissi dal Pd.

Il punto vero è che da tanti, troppi anni, le garanzie all’indagato, al raggiunto da un avviso di garanzia, sono alternate e vengono date o rifiutate a seconda dell’interesse particolare; viaggiano un giorno sul sì e l’altro sul no senza neppure rendersi conto, da parte dei negatori, che quel principio del quale si fanno gioco, una volta negato pro domo sua, fa venir meno un pilastro della convivenza e, al tempo stesso, rende sempre più impetuoso, almeno da un quarto di secolo, l’incedere chiodato della magistratura. E le sue retate pressoché quotidiane, in ispecie verso politici od ex, insegnano o dovrebbero insegnare che proprio l’avviso di garanzia dovrebbe diventare il pilastro dell’innocenza, naturalmente fino a sentenza finale; invece è l’opposto. L’indagato è colpevole a priori, ipso facto, messo alla berlina e all’indice, sputtanato e abbandonato. Risultato: la magistratura, istituzione indubbiamente indipendente ma non facente parte ancora del potere legislativo (che fa cioè le leggi da applicare) va avanti per la sua strada e sono inutili i lai della politica, tanto più alti quando ne vengono toccati ma tanto meno capaci di spingere ad autentiche riforme del settore, a partire proprio dall’avviso di garanzia.

Del resto le contraddizioni dei politici di sinistra, la loro strutturale difficoltà a rendere giustizia (è proprio il caso di dirlo) alla parola riformista della quale si riempiono la bocca, riformando, non a parole, ciò che va riformato in quel settore nevralgico, hanno regalato a Beppe Grillo uno spazio, una prateria, un vasto potenziale elettorale che si basa, soprattutto, sulla criminalizzazione degli altri e sulla colpevolezza appiccicata ai loro nemici, sul grido di “In galera, in galera, tutti corrotti, tutti ladri!” la cui indicazione così obbligatoriamente e mediaticamente cogente per gli altri, non lo è per se stessi, vedi l’emblematico caso di Virginia Raggi. Garantismo peloso. Peggio che a giorni alterni: a senso unico.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:56