Politica: vuoto riempito da altri poteri

Non v’è dubbio alcuno che la decisione giudiziaria di Trento di istituire ex novo e per legge la figura di due papà per un bambino “prestato”, riempia bensì il desiderio di paternità-maternità in nome dell’interesse superiore del bambino ma, intanto, chi dice che sia proprio decisivo e superiore tale interesse primario, cioè avere due padri e, allora, perché non tre (anche madri) e pure quattro? Lo dice la mitica opinione pubblica, e la leggendaria e strapotente gente col suo derivato e politicamente prepotente “gentismo” (sinonimo azzeccatissimo di David Allegranti). E siccome all’ascolto (e al controllo beninteso) di questo magmatico “ensemble” ci sta sempre un giudice (magari a Trento), ecco che costui si veste da deus ex machina, riempiendo come altri suoi dèi-colleghi, sempre in nome e per conto di altri interessi superiori, il vuoto legislativo.

Ciò avviene per il combinato disposto del “gentismo” e della colpevole pigrizia e relativa iattura di una latitanza parlamentare. Certo, il caso di Dj Fabo costretto a farsi condurre da Marco Cappato in Svizzera per una morte dignitosa rispetto a una vita non degna di essere vissuta, ha suonato l’ennesima sveglia nelle aule silenti talché la legge sul testamento biologico sarà trattata a fine marzo. Ma sono passati anni e anni, e quella fatale assenza legislativa ha prevalso sul dovere, direi anzi sulla missione dei parlamentari, che è quella di dare risposte legislative non solo up to date ma in linea con la crescita e lo sviluppo della società italiana. Occorre tuttavia distinguere fra vuoto in re ipsa, in sé e per sé, ovvero caratterizzante un movimento e il vuoto d’iniziativa, anche se spesso le due faccende vanno a braccetto: a fare danni.

I grillini sono emblematici di un certo loro muoversi sotto vuoto spinto, riempito tuttavia di minacce e di rivolte di piazza, di subbugli infernali, addirittura di armageddon alle porte (Luigi Di Maio) come nel caso dei vitalizi da togliere, facendosi però bagnare il naso - nel caso - da Michele Emiliano che ha evocato la grande madre di tutte le democrazie, Cuba, che ha abolito gli stipendi ai parlamentari. Un taglio e via. Aspettiamoci altre proposte in linea con lo strabiliante gentismo, velleitario e rivoluzionariamente parolaio, almeno fino ad ora, ma sempre applaudito nel suo dire e fare così esplicitamente populista. Sbandierando una virulenza anti-casta che, soprattutto nel caso dell’evocazione del modello cubano, ricorda un importante libro, “In difesa della politica” (il Mulino), che parla di epocale mutamento della governance moderna in virtù dell’applicazione della teoria e prassi “gentista” ai politici eletti dei quali spoglia brutalmente il potere derivante dal voto popolare sostituendolo con il potere dei non eletti, ma graditi alla mitica gente, come giudici, economisti, banchieri, scienziati e lobbisti. E il gioco è fatto, come si dice (il gioco sporco, aggiungeremmo), giacché tale trasferimento di legittimità non potrà non sfociare, prima o poi, in una sostituzione della politica da parte dei poteri forti e dei loro interessi, alla faccia della difesa dell’interesse superiore del popolo.

Il grillismo è sempre à la page, segue l’onda della gente, la interpreta e la propone perché è la strada più diretta al consenso per qualsiasi populista, per di più totalmente inesperto e impreparato (cioè incapace), vedi la summa del raggismo romano cui va a volte in soccorso la quotidiana lisciata di pelo da parte di personaggi della sinistra (Matteo Renzi ha pure lui lisciato). Risultato? L’ha detto il sempre lucido Rino Formica (al quale rivolgiamo gli auguri più belli per i suoi novant’anni): “Vinceranno le elezioni i Cinque Stelle, per fortuna senza i voti per governare da soli”. E perché non potranno governare in solitudine? Perché la Suprema Corte ha indicato un sistema sostanzialmente proporzionale che, terminato il conteggio delle urne, produrrà ingovernabilità, a meno che non ci si allei con chissà chi. E molto opportunamente il nostro direttore ha parlato, l’altro giorno, di dibattito irrealistico anche nel centrodestra con, ad esempio, l’irrefrenabile voglia salviniana di primarie, di leadership unica e così via. Quando invece gli sforzi di ogni “partito” sono innanzitutto quelli della difesa e del potenziamento della propria identità. Poi si faranno accordi, alleanze e progetti condivisi.

Mai mettere il carro davanti ai buoi, specialmente se si vuole vincere.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:56