I privilegi del cittadino e quelli dello Stato

I diritti acquisiti non sono solo dei privilegi, come sostengono i populisti di opposizione e anche di governo. E non rappresentano neppure un orpello da buttare alle ortiche o cambiare a seconda delle necessità. Costituiscono una parte essenziale del patto sociale che lega il cittadino allo Stato. E per questo motivo considerarli come un argomento pretestuoso usato dai privilegiati per difendere la propria rendita di posizione e trasformarli nell’ultima difesa della casta da distruggere al più presto, è un atto irresponsabile e demenziale.

Naturalmente i diritti acquisiti possono essere modificati. Quando esistono ragioni inderogabili, lo Stato può e deve cambiare se non addirittura eliminare quei diritti che sono stati riconosciuti in periodi storici in cui le ragioni inderogabili del presente non esistevano. Ma la loro modifica o abolizione, che cambia l’articolazione del patto sociale, va bilanciata dalla modifica o dall’abolizione di una parte equivalente dei doveri che spettano ai cittadini nei confronti dello Stato. Ne deriva, passando dalla teoria a qualche esempio concreto, che se si vuole incidere sul costo delle pensioni (siano esse i vitalizi privilegiati dei parlamentari che quelle d’oro dei grandi burocratici fino a quelle dei comuni mortali con redditi pensionistici superiori ai 50/60mila euro l’anno) si deve necessariamente e adeguatamente modificare il peso delle imposte dirette e indirette che si è accavallato sulle spalle del cittadini in decenni e decenni in cui i diritti privilegiati venivano pareggiati dai doveri punitivi.

In pratica, se lo Stato cambia il patto sociale togliendo un privilegio ai cittadini deve necessariamente rinunciare a pretendere un privilegio proprio. Perché se questo non avviene il patto perde il suo valore e il suo significato, s’incrina il rapporto tra il corpo sociale e le istituzioni e si creano le condizioni per la progressiva disgregazione della società e dello Stato che la dovrebbe regolare.

Non si può, tanto per fare un esempio di populismo applicato al contrario, chiedere il taglio delle pensioni e continuare a pretendere la conservazione dell’addizionale per la guerra d’Abissinia nella accise sul costo della benzina. Il patto tra Stato e cittadini deve rimanere sempre bilanciato. Altrimenti non è più un patto sociale ma un patto leonino. E come tale legittima chi usa la sua maggiore debolezza per giustificarne il mancato rispetto!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:57