La politica nel vuoto riempito dalla tivù

Non era mai successo che a Milano, un giorno dopo l’altro, arrivassero un ex Presidente del Consiglio e uno in carica. Forse ai tempi di Bettino Craxi presidente, ma almeno lui era meneghino doc, con tanto di residenza. Non era neppure successo, se la memoria non mi inganna, che il direttore e conduttore di un telegiornale, Enrico Mentana, l’altra sera dichiarasse in diretta, “papale papale”, di non voler assolutamente dare la parola (sul caso del povero dj Fabo) a nessun politico: “Non meritano spazio”. E, infine, non ci era mai capitato di assistere a una scissione - ne abbiamo viste (e fatte) tante - nella quale le sue vere ragioni fossero così latitanti, così colpevolmente assenti, come in questa. E ha ben detto Diaconale a proposito, appunto, di strana scissione e di bizzarra ricongiunzione come se la patente contraddizione sia stata e continui ad essere del tutto ininfluente nei ragionamenti dei divorziati piddini.

Le tre cose suddette sono distanti l’una dall’altra e pure diverse, ma sono tutte e tre condizionate da un’unica ratio: la potente e preponderante forza della macchina mediatica televisiva, in misura tale da costringere Matteo Renzi e Paolo Gentiloni a rincorrersi a Milano, solo apparentemente per incontrare il sindaco o pranzare con gli immigrati, in realtà per mostrarsi, farsi vedere e finire nelle televisioni contrapponendo (tele)visivamente, appunto, il modello ambrosiano che funziona, a quello roman-raggiano-grillino che non funziona, ma che è anch’esso sempre in tivù. Sì, è vero, ma, direte voi, che male c’è? Il male c’è, e forse non del tutto nelle visite presidenziali ed ex, perché non sembrava rivolta al solo caso del suicidio assistito (purtroppo in Svizzera e non nel suo e nostro Paese) di Fabo, la drastica decisione di Mentana nel suo “Tg La7” di un secco no alla parola dei politici in quella edizione perché: “Non meritano spazio”. Ben detto Enrico, e condividiamo anche l’aspetto politico della scelta che in un’informazione “lasettiana” orientata a sinistra - per dir così - recupera il senso più autentico della parola, rinfacciando a chi la dovrebbe praticare, tutti in pratica, Beppe Grillo compreso, di non sapere e di non volerlo fare.

In realtà sia la morte di Fabo che il divorzio nel Partito Democratico hanno evidenziato ciò che è ormai un dato quotidiano della Polis all’italiana, tutti compresi beninteso, la sua siderale lontananza dai temi più veri del momento, la sua abissale distanza dalle reali e comunque complesse esigenze del Paese, il suo voltafaccia a proposte e risposte riformiste ai problemi. Soprattutto il suo vuoto rispetto ai contenuti più veri del complessivo, e complesso, discorso politico e della sua dialettica. La scissione ne è un emblema fra i più significativi e pure deprimenti, giacché al leggendario popolo della sinistra, e non solo, interessa assai poco che il regista ne sia stato Renzi o Massimo D’Alema, come vanno sbandierando i due con i rispettivi supporti e “compagnon de route”, ma quali ne siano stati e siano i motivi profondi e reali, le spinte ideali, i temi ideologici soprattutto in riferimento all’Italia presente e futura. Ecco perché il ricorso sistematico alla tv, ai talk-show, alle dichiarazioni, alle comparsate e alle apparizioni “day by day”. Ed è infatti la tivù che riempie questo vuoto, quella stessa televisione che la “gauche” rimproverava a Silvio Berlusconi come strumento essenziale se non unico, usato dal “suo” padrone per fare, vincendo, politica. Almeno il Cavaliere la usò per riempire il drammatico vuoto politico e partitico creato dal “manipulitismo”, cavalcato proprio da quella sinistra che adesso deve ricorrere alla televisione per riempire il suo, di vuoto. Complimenti!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:56