Se Matteo Renzi si crede Giulio Cesare

Meglio essere primo in Gallia che secondo a Roma. Matteo Renzi sembra condividere in pieno l’affermazione di Giulio Cesare. Per lui è infinitamente meglio essere primo in un partito di sudditi fedeli che vale al massimo il 25 per cento dei voti, piuttosto che essere il secondo o, peggio, uno dei tanti capicorrente del Partito Democratico obbligati a trovare mediazioni continue in estenuanti riunioni dei caminetti.

L’ex Presidente del Consiglio non ha nascosto questa posizione dietro giri di parole. L’ha esposta con grande chiarezza ribadendola più volte all’inizio e alla fine della direzione del Pd di lunedì. Ed i suoi avversari interni non possono fingere di non aver capito. Se pensano di poter tornare ai tempi delle correnti che si combattevano per dividersi quote di potere nel partito e nello Stato hanno fatto male i loro conti. Renzi vuole che il partito non abbia correnti. O meglio, che ne abbia una sola: la sua. E vuole primarie e congresso non per venire a patti con la minoranza, ma per metterla definitivamente fuori o ai margini del partito.

Il segretario del Pd non offre grandi alternative a chi contesta la sua concezione personalistica e lo vorrebbe costringere a trovare comunque un accordo con le correnti. Per chi si oppone non c’è alcuno spazio nel Pd. O accetta di piegarsi a questa logica scegliendo di fatto di uscire dalla politica o dà vita ad una nuova formazione politica formata non solo dalle correnti d’opposizione ma da tutte quelle diverse da quella renziana.

Renzi chiamerà gli espulsi di fatto scissionisti e questi ultimi accuseranno il segretario di aver compiuto lui la scissione. Ma la polemica non cambia la sostanza dei fatti. Cioè che al termine del percorso congressuale indicato da Renzi, dal Pd nasceranno due formazioni politiche diverse e tra loro incompatibili. Ciò potrà anche piacere o dispiacere, ma disegna uno scenario politico nazionale totalmente diverso da quello attuale. La sinistra non sarà più l’asse portante del sistema. E se il centrodestra non ritroverà la compattezza di un tempo, l’ingovernabilità diventerà il tratto caratteristico della prossima legislatura. Perché non ci saranno i numeri per nessuna formula di governo, larghe intese Renzi-Berlusconi in testa.

Tutto questo, sia ben chiaro, perché l’ometto di Rignano sull’Arno si è messo in testa di imitare Cesare! E perché nessuno cura la sua mania di grandezza!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:57