Che fare?

La situazione internazionale ed interna è decisamente incamminata verso il peggio. Gli sconsiderati amori suscitati da Donald Trump non dipendono soltanto dalla mancata alternativa Clinton. Non perché eravamo disamorati di Hillary avremmo dovuto innamorarci di Donald. Egli è un conservatore molto sui generis. Niente a che vedere con Ronald Reagan e Margaret Thatcher, veri conservatori della più pura acqua: liberali e democratici. Gli amanti di Trump chissà perché amano pure Vladimir Putin. Forse per la proprietà transitiva! È vero che entrambi amano gli affari, in ogni senso. Ma non son tipi da lasciar sviluppare gli affari altrui.

Per sapere se abbiamo di fronte un conservatore degno del nome dobbiamo utilizzare una cartina di tornasole infallibile, cioè Winston Churchill. Il paragone non è possibile, neppure alla lontana. Tuttavia, paragonando le cose piccole alle grandi, si capisce se emanino un’onda luminosa dello stesso tipo sebbene molto meno intensa. Ecco, così comparata, la luce di Trump non è neppure una misera fiammella. Con Putin, un autocrate puntellato da oligarchi, il paragone è semplicemente inammissibile.

Dunque la situazione internazionale è precipitata. Ciò nonostante, cospicue forze politiche anelano programmaticamente a finire nello stesso precipizio, fatto di dirigismo, protezionismo, interventismo. Quando Trump e Putin, e Theresa May, parlano di sovranità nazionale, fanno sul serio. Quando ne parlano altri, scimmiottandoli, fanno anche loro sul serio, però senza essere seri. Siamo dominati dal populismo fatto di confusionismo. Sembra che a destra e sinistra abbiano le idee chiare perché usano slogan del tipo: no Eu, no Euro, no austerity, e roba simile. Questi slogan fanno presa come spot, ma sono pubblicità ingannevole. Se realizzate, le corrispondenti politiche darebbero risultati opposti a quelli magnificati e sperati dagli imbonitori. Non si può uscire dall’Euro senza uscire pure dall’Unione europea. Abbandonando l’una e l’altra, la nuova lira perderebbe immediatamente molto valore. Il deprezzamento della lira, con la svalutazione competitiva, non darebbe alle imprese il vantaggio atteso perché perderebbero il mercato europeo, il più importante per le nostre esportazioni, e sarebbero costrette ad importare a prezzi maggiorati le materie prime e i prodotti esteri. Quanto all’austerità, il nostro debito, rinominato in lire, darebbe una cifra ancora più mostruosa e richiederebbe interessi molto più alti per allettare gl’investitori a sostenerlo. Buttando all’aria il pareggio del bilancio, blandamente ri-iscritto nella Costituzione, allontaneremmo anziché attrarre il popolo dei bot, che si spaventerebbe viepiù al frinire della cicala italica. L’inflazione interna impoverirebbe i cittadini a reddito fisso, accrescendo i prezzi dei beni e servizi. Sarebbero proprio i meno abbienti a pagare la follia dei populisti di destra e di sinistra che si propongono come loro salvatori.

Che fare, dunque? Opporsi risolutamente a tutto questo. Sollecitare a gran voce i liberali a formare un partito davvero conservatore che alle elezioni dica chiaro e tondo queste cose; che cerchi i voti degl’Italiani seri, pensosi del destino dei figli e della nazione; che combatta la giusta battaglia anche solitariamente, pronto a raccogliere, a tempo debito, la bandiera degli interessi nazionali che i populisti, consapevoli o no, calpestano a terra per un seggio in più.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 20:03