Fedele Confalonieri,   che musica!

Parliamo di Giorgio Napolitano e di Fedele Confalonieri. Per una delle solite coincidenze non programmabili, sono andate in scena o in onda - fate voi - delle “rappresentazioni”, una delle quali in un teatro milanese, a loro modo altamente istruttive; anche se quella di Napolitano, di poco in ritardo rispetto all’altra come si vedrà più estesamente, ha segnato un passaggio importante nella vexata quaestio delle elezioni (anticipate). Intanto perché ha contrapposto ad una scivolata nel più becero populismo renziano a proposito dei vitalizi parlamentari da evitare votando al più presto (sic!), una proposta di saggezza e di buon senso che aggiunge al respiro storico il senso della politica come deve essere fatta. Ma andiamo con ordine.

Quando in uno storico teatro come il “Franco Parenti” gli invitati sono chiamati a seguire una séance nient’affatto teatrale ma pur sempre derivata e ispirata alla politica, la prima reazione attiene in genere all’attualità della civitas, della polis, della politica. Volenti o nolenti, tutto in Italia diventa “politica” tanto più se noi addetti abbiamo captato un qualcosa di diverso in una dichiarazione sulle elezioni anticipate, sulla decisione della Corte, sulle fratture nel Partito Democratico con probabili scissioni in vista, come ha ben spiegato il nostro Diaconale, non a caso collegate proprio a quel tipo di elezioni fuori dalla norma, eppure così frequenti. E allora perdonateci se entrano in ballo quelli della Prima Repubblica, ma, attenzione, con le debite riflessioni e differenziazioni che sarebbero addirittura ovvie trattandosi di Napolitano e di Confalonieri, ma che, in sostanza, o come diciamo a Milano, “a la fin de la fera”, consentono di misurare i livelli passati e presenti. Anche in riferimento a divaricazioni oltre la politica, forse oltre il tempo: il nostro. Con una sorprendente, stuzzicante eppur rivelatrice anticipazione: la musica, il piano.

Prima del confronto, del dibattito, dello scontro (che non c’è stato). Al dunque: prima dell’incontro fra big della tv-informazione condotto al meglio da Claudio Cerasa (“Il Foglio”), le note serene al piano del teatro “Franco Parenti” suonate da Fedele Confalonieri sembravano, o meglio segnavano, una sorta di contrappasso, di linea opposta, come una freccia stradale per un percorso nuovo da indicare. Ma di certo ci autoinganniamo illudendoci di far precedere un dibattito come l’altra sera con la musica. Ma lasciateci almeno cullare nel desiderio che una simile apertura non sia subito archiviata dalle urla dei talk strazianti e onnipresenti e che, invece, possa costituire l’alba di qualcosa, l’avvento di una fase diversa, o per lo meno di uno stile - e che stile - per la politica, ma non solo. E ça va sans dire che il tema all’ordine del giorno sul futuro televisivo rispetto al dilagare internettistico incuriosiva e provocava. Ma la vera sorpresa, anticipata, appunto, dalla toccata pianistica del presidente di Mediaset ha dato quel quid in più che, tra l’altro, serve a comprendere fino in fondo la differenza politica fra il prima e l’adesso.

Non solo, ma è utile a farci ragionare su un altro perché, ovvero sull’assenza esplicita, nella politica di oggi, di personaggi come Confalonieri. Intendiamoci, non si tratta di un’assenza vera e propria ché il suo ragionare e suggerire è sempre in sintonia con le vicende della polis o civitas, che dir si voglia, non è mai avulso dal contesto e neppure distinto e distante perché “aziendalistico”, eppure quanto ci mancano, in ispecie dentro la casa madre politica berlusconiana, quei modi, quelle maniere di porre le questioni, quell’interloquire educato eppure preciso, tranquillo eppure incontrovertibile, pacato ma sempre indicativo. Adesso, e chiedo scusa, mi sono reso conto di aver oltrepassato il senso più specifico dell’incontro, peraltro nobilitato e arricchito dalla presenza, tra gli altri, di un ottimo Aldo Grasso; ma era dello stile che volevo parlare, del cosiddetto “est modus in rebus” così strapazzato e umiliato dalla politica politicante, della possibilità, infine, di un cambio di rotta nei tremendi talk-show. E della musica come universale avant-scene, come premessa nobile, come prescrizione educativa. Ma, certo, sto sognando. Comunque, grazie Confalonieri!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:55