Banche salve, clienti condannati

Non è trapelato nulla dall’incontro in Banca d’Italia tra la responsabile della Vigilanza della Bce Danièle Nouy e gli amministratori delegati delle principali banche italiane. Il tema in discussione era il recupero dei crediti in sofferenza che pesano sui bilanci degli istituti di credito nazionali e su cui l’Unione bancaria europea chiede interventi rapidi e drastici. Ma dalla riunione non sembra siano scaturite decisioni immediate, ma solo una richiesta dei banchieri italiani alla vigilante europea di avere un tempo più lungo per la gestione dei cosiddetti “Npl” ed il recupero dei crediti in sofferenza.

Pare che nominalmente questi crediti da recuperare assommino a 190 miliardi di euro ma che effettivamente, al netto di svalutazioni ed accantonamenti, pesino per 88 miliardi di euro.

La cifra è ingente. E giustifica la preoccupazione di chi teme che una zavorra di tale portata possa portare a fondo le banche italiane. Ma qualcuno dei banchieri italiani ed europei si è mai posto il dilemma se sia possibile salvare le banche senza salvare contemporaneamente i clienti?

Degli 88 miliardi di crediti incagliati sicuramente una buona parte sono addebitabili alle grandi società ed aziende che hanno usufruito di finanziamenti finiti nel buco nero degli investimenti sbagliati o, più semplicemente, della crisi. Quanto pesano e quanti sono questi grandi clienti che molto spesso hanno strutture e competenze in grado di mandare per le lunghe o trattare al massimo ribasso il recupero dei crediti? E quanti sono e quanto pesano i clienti più piccoli, quelli dei mutui e dei finanziamenti che incidono sulla vita delle aziende di medie e di ridotte proporzioni e sulle famiglie?

È probabile che a questi interrogativi si possa rispondere indicando nell’ordine di qualche migliaio il numero dei grandi creditori inadempienti ed in quello delle centinaia di migliaia quello dei debitori piccoli e medi impossibilitati dalla crisi a rientrare dei crediti ottenuti. La maggior parte dei grandi riuscirà in qualche modo a trattare e ad evitare l’espulsione dal mercato. Ma la stragrande maggioranza delle centinaia di migliaia di debitori piccoli non avrà alcuna possibilità di trattare e verrà posta fuori da ogni circuito economico e nell’impossibilità di rientrarvi.

I banchieri fanno il loro mestiere cercando di risolvere il problema dei crediti in sofferenza scaricando il problema sui clienti insolventi, grandi o piccoli che siano. Ma perché la classe politica non fa il suo affrontando la questione che se il problema delle banche si scarica sulle vittime della crisi, provocata in gran parte dalle banche stesse, una fetta consistente di cittadini viene espulsa dalla società civile?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:57