Chi di primarie colpisce

mercoledì 25 gennaio 2017


Se primarie ci debbono essere non è concepibile che ci siano quelle di coalizione prima di quelle di partito. Quando Matteo Salvini chiede a gran voce le primarie del centrodestra deve tenere conto di questa banale considerazione. Perché il sistema politico non è formato da tre blocchi compatti che occupano la scena pubblica nazionale e si comportano come se fossero tre partiti. L’unica forza che appare unita e si comporta come un partito anche se si definisce un movimento è quella dei Cinque Stelle, dove le primarie non hanno alcuna ragione di essere visto che Beppe Grillo è il fondatore supremo ed incontrastato e Davide Casaleggio è il suo profeta per diritto di discendenza.

Ma l’area del centrodestra e quella della sinistra non hanno più la fisionomia di quando la prima era unita nel Popolo della Libertà e la seconda era caratterizzata dal Partito Democratico a vocazione maggioritaria di Matteo Renzi. Attualmente queste due aree sono segnate dalla presenza di gruppi e di partiti in forte competizione tra di loro e sono in attesa della nuova legge elettorale per definire i propri assetti sia interni che esterni. È chiaro, ad esempio, che se il Parlamento cogliesse le indicazioni della Corte costituzionale per dare vita ad una legge elettorale ispirata al Mattarellum, la logica della coalizione tornerebbe a dominare sia nel centrodestra che nel centrosinistra. E, viceversa, se il Parlamento dovesse puntare ad una legge proporzionale nelle due aree prevarrebbe lo spirito di bandiera dei singoli partiti con le logiche conseguenze del caso. Prima fra tutte quella secondo cui le primarie andrebbero celebrate all’interno di ciascun partito.

Perché, allora, Salvini insiste nel chiedere le primarie di coalizione per il centrodestra quando la legge elettorale deve essere ancora tutta da definire? La risposta è semplice. Il leader leghista ha lanciato da tempo la sua personale Opa al centrodestra puntando a scalzare la leadership di Silvio Berlusconi azzoppato dalla non candidabilità imposta da una legge strumentale e sbagliata. E la porta avanti con decisione e senza tentennamenti nella speranza di poterla concludere positivamente prima che la Corte di Strasburgo ridia al Cavaliere la ricandidabilità strappatagli con la forza e senza il diritto.

Ma Salvini rischia di finire vittima delle sue stesse argomentazioni polemiche. Se non si affretta a chiudere l’Opa rischia di ritrovarsi con qualcuno dentro la Lega deciso a lanciare una Opa contro di lui. Ovviamente attraverso la richiesta di primarie. Di partito, ovviamente!


di Arturo Diaconale