A Davos il mondo alla rovescia

Al Forum Economico Mondiale di Davos 2017 gli uomini e le donne più potenti del mondo sono andati per celebrare il funerale della classe media. A turbare i loro sonni non c’è solo la povertà arcinota di una parte della popolazione mondiale ma la novità del crollo del ceto medio produttivo.

A dare voce a questo spettro vagante sul mondo globalizzato sono stati, tra gli altri, Pier Carlo Padoan e la direttrice del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), Christine Lagarde. Per il rappresentante italiano la classe media esprime la sua delusione “dicendo no a qualsiasi cosa i leader politici suggeriscano”. Perciò, nelle condizioni date, “individuare delle soluzioni è più difficile che dire no”. Tutto qui? E per fare questa sorprendente scoperta Padoan doveva sobbarcarsi un viaggio tra le nevi delle Alpi Svizzere? Non bastava il freddo dei palazzi della politica romana? Sulla medesima lunghezza d’onda, la signora Lagarde avverte “che ci vuole una maggiore ridistribuzione dei redditi di quanta ne abbiamo oggi”. Evidentemente preoccupa quel rapporto Oxfam che, sebbene stilato con qualche eccesso interpretativo, racconta di un mondo dove l’uno per cento della popolazione mondiale detiene il 50 per cento della ricchezza disponibile mentre l’altro 50 per cento è per la quasi totalità nelle mani di un quinto delle classi più agiate del pianeta. Per il rimanente 80 per cento di popolazione resterebbe il nulla. Un’economia globale che allarga la forbice delle diseguaglianze, alla lunga, non può funzionare. Il timore che, prima o dopo, il sistema salti facendo precipitare il mondo nel disordine globale non è soltanto uno scenario da film apocalittico ma un’opzione concreta precipitata sul groppone delle élite economiche e finanziarie. È giunto il momento di una seria riflessione sul come correggere la rotta, a cominciare da quel processo di globalizzazione accelerata che è la causa principale degli odierni squilibri.

Il fatto che sul palco di Davos sia salito a difenderla non l’esponente della principale economia capitalistica del pianeta ma il presidente della Cina Popolare, Xi Jinping, dovrebbe indurre qualche sospetto sulla bontà della via intrapresa. Il leader comunista ha definito il protezionismo “una stanza buia che tiene fuori il vento e la pioggia ma anche il sole”. Verrebbe da chiedergli a quali raggi di luce pensasse: a quelli che non vedono i milioni di lavoratori-schiavi del suo inquinatissimo Paese sfruttati senza alcun diritto e protezione sociale? È bello fare i “global” sulla pelle della gente. Da noi, nell’Occidente avanzato, patria del Diritto e della Libertà, le cose funzionano diversamente: chi lavora, chi produce, deve essere protetto nella sua dignità di persona dalla comunità statutale di cui è membro e non trattato alla stregua di un oggetto. Vale per gli operai ma vale altrettanto per quella classe di piccoli e medi imprenditori che si è vista precludere il mercato dall’invasione di prodotti di bassa qualità realizzati a costi minimi grazie allo sfruttamento indiscriminato della manodopera, allo stupro ambientale, alla negazione dei più elementari principi di sicurezza nella produzione di beni. Ma Xi Jinping somiglia al bue che chiama cornuto l’asino. Lui, in difesa della globalizzazione, ha denunciato il protezionismo come male assoluto dimenticando però quanto il suo regime sia protezionista nelle politiche monetarie e industriali. I servi del sistema con la coda lunga gli hanno fatto da spalla: cosa c’è di meglio che dimenticare il “pericolo Cina” e invece prendersela con chi, come il neo-presidente americano Donald Trump, è pronto a mettersi di traverso per bloccare la deriva della globalizzazione?

Il Financial Times ha definito Xi Jinping “l’unico adulto nella stanza”. Neanche un sussurro sullo scandalo delle multinazionali che, con il pretesto della libera circolazione delle merci e dei capitali, non pagano le tasse a nessuno. Qualcuno sui media ha parlato di “mondo alla rovescia”. Sì, è proprio un mondo alla rovescia che però qualcuno, prima o poi, raddrizzerà. Con le buone o con le cattive.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:55