Non salvate il soldato Beppe

Un proverbio napoletano sentenzia: “Quando la formica mette le ali è segno che vuole morire”. Verissimo!

Beppe Grillo, che aveva raggranellato molto grano elettorale ravanando nel barile dei delusi della Seconda Repubblica, si è montato la testa. Ha pensato, povero lui, che i tatticismi con i quali sta giocando la partita in Italia potessero funzionare anche a Bruxelles. Invece, proprio quando ha pensato di mettere le ali trasformandosi da euro-scettico in finto euro-entusiasta è stato impallinato da cacciatori scaltri come faine. E ora ne paga le conseguenze.

Prima è toccato all’algido Nigel Farage presentare un conto salatissimo ai Cinque Stelle per riammetterli nel gruppo “Europa della Libertà e della Democrazia Diretta” (Efdd) dal quale Grillo aveva impartito l’ordine ai suoi di uscire senza troppi riguardi per le buone maniere. Poi è stata la volta degli europarlamentari grillini Marco Affronte e Marco Zanni di andarsene sbattendo la porta. Il primo ha imboccato la strada dei Verdi, il secondo ha chiesto asilo politico alla Lega Nord ed a Marine Le Pen. Ma non è finita. Si vocifera che, dell’originaria pattuglia dei 17 deputati europei a Cinque Stelle, altri avrebbero pronte le valigie per trasmigrare verso lidi politici più confortevoli.

Anche in Italia la situazione non è tranquilla. Dopo le figure barbine rimediate dagli esponenti pentastellati chiamati alla prova delle amministrazioni di importanti città, qualcuno dei “portavoce del popolo” comincia a mettere in discussione il modello di movimento a “cerchio magico” gestito dalla Casaleggio Associati. La reazione di Grillo al fuggi-fuggi è stata parecchio scomposta, segno che il rischio-frana è percepito come concreto. Piuttosto che fare una seria autocritica circa il metodo applicato all’azione politica, il comico genovese invoca il rispetto dei contratti sottoscritti dagli eletti pentastellati e minaccia di far valere la clausola risarcitoria contro chi lascia la barca che imbarca acqua.

“Se ve ne andate ci pagate i danni”: questa sarebbe la reazione da “statista” di un capo a fronte dell’espressione di un disagio affiorato in una parte della sua classe dirigente. Se è così, sono messi male questi grillini! D’altro canto, perché meravigliarsi? L’aver creato un movimento fondato su pulsioni irrazionali e non sulla condivisione di un’idea, di una visione del mondo, quella che i tedeschi chiamerebbero una “Weltanschauung”, presentava dei rischi che, presto o tardi, si sarebbero palesati. In natura si sciolgono i poli per effetto del riscaldamento globale, figurarsi se non può accadere che un movimento che “polo” non è, perché non gode della forza attrattiva di una storia politica che è anche progetto di società, non possa squagliarsi come neve al sole.

Ora, non vogliamo peccare d’ingenuità nel dire che il fenomeno “Cinque Stelle” sia giunto al capolinea, tuttavia i segnali di un progressivo arretramento ci sono e vanno colti. I grillini sono cresciuti “rubando” l’altrui elettorato. È tempo che le cose tornino al loro posto. Che le forze politiche tradizionali riprendano a fare il loro mestiere recuperando la fiducia di quegli elettori che avevano smesso di credere nel bipolarismo dell’alternanza Destra/Sinistra e avevano confidato nella speranza di una “terza via” a Cinque Stelle. E lo facciano a cominciare dall’approvazione di una legge elettorale che dia senso coerente alla rappresentanza delle anime autentiche del Paese.

Non si commetta l’errore capitale di dare per scontato un “tripolarismo” che è frutto di un’illusione ottica. Soltanto il cedimento tattico di uno dei due poli, condizionato da una lettura di corto raggio del quadro politico attuale, potrebbe arrestare il processo di ridimensionamento del fenomeno grillino. I Cinque Stelle, a furia di scivoloni, litigi e dispetti, si stanno affondando da soli, sarebbe quindi autolesionistico offrirgli una scialuppa di salvataggio perché si riprendano e tornino ad illudere gli italiani.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:56