La proposta elettorale del centrodestra

La domanda se il centrodestra esista ancora non è peregrina. E dovrebbero porsela proprio quelli che credono in un centrodestra unito, dai partiti tradizionali a tutto il centro che vorrà starci. Per primo Silvio Berlusconi che, per usare una geniale battuta del suo ex ministro delle Comunicazioni, Mario Landolfi, sembra “attestato su un granitico forse”. Cosa che gli succede quando sa bene che pesci prendere. Se non decide lui, che per peso politico, se non elettorale, riesce a far pendere il piatto della bilancia politica, il sistema va in stallo. Come in effetti è.

Tutti, a destra e sinistra, gridano: “Alle urne! Alle urne!” Ma, nei fatti, riluttano, a parte qualcuno. Si trincerano dietro la Consulta, che dovrà decidere della costituzionalità dell’infame “renzino”, alias “Italicum”, e dell’ammissibilità dei referendum sul lavoro richiesti da milioni di firme. È un modo di tirare a campare mascherato da rispetto per le istituzioni, compreso il capo dello Stato, che giustamente pretende leggi elettorali omogenee come “conditio sine qua non” per sciogliere il Parlamento. Né la pronuncia della Corte costituzionale né la condizione posta dal presidente della Repubblica sono tuttavia sbarramenti insuperabili. Tra l’altro, adesso si vede bene come avessero ragione quei pochi (“quorum ego”) che non apprezzarono affatto il rinvio della decisione che la Consulta motivò con l’intento di non interferire nella campagna referendaria. Se la sentenza sul “renzino” fosse stata emessa quando doveva, adesso avremmo avuto quasi certamente le leggi elettorali compatibili con le due Camere, e forse potuto votare subito.

Ma, senza piangere sul latte versato, votare a breve non sarebbe impossibile, volendo. L’attesa della Consulta non impedisce affatto di approvare una legge che abroghi quella sottoposta al suo vaglio. E qui, se il centrodestra esistesse davvero, dovrebbe dar segno di essere vivo e vitale: presentare al Parlamento una proposta di legge elettorale non solo concordata al suo interno, ma anche tale da fugare il sospetto di volersi avvantaggiare a discapito degli altri partiti. L’ideale, certo, sarebbe una legge scritta sotto il velo dell’ignoranza di chi vincerebbe. Ma, essendo impossibile in assoluto, dall’ideale è possibile scendere al reale e adottare un sistema nel quale tutti o quasi riescano a trovare probabilità di successo pressoché eguali.

Comunque, una tale proposta unitaria, appena soltanto avanzata, darebbe la dimostrazione che esiste una formazione compatta, che si presenta al popolo e alle forze politiche con un progetto di legge elettorale che, ecco il punto, rispetta nei fatti la libertà degli elettori di scegliersi finalmente i rappresentanti parlamentari ed un governo rappresentativo. Poiché il nostro sistema è parlamentare, non presidenziale, il miglior modo per combinare la libertà di scelta, la rappresentatività, la governabilità, consiste nel collegio uninominale a doppio turno, con il perfezionamento suggerito da Giovanni Sartori di far partecipare al secondo turno i primi tre candidati più votati, anziché i primi due soltanto, e con l’altro perfezionamento indispensabile suggerito da me (“si parva licet...”) che in ciascun collegio si possa presentare candidato anche chi non è proposto da partiti purché appoggiato da 500 elettori, per esempio. Resto convinto, anzi: straconvinto, che un centrodestra che mostrasse un tale rispetto verso gli elettori, ne verrebbe ripagato ad usura nell’urna, fosse solo per questo.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:01