Islam: le debolezze   della società “liquida”

La vita del musulmano è completamente tracciata dentro un dedalo di regole esistenziali e di vita quotidiana che lo accompagnano nel corso di tutta la vita, fino e oltre la morte. Corano e Sunna scandiscono le ore del giorno e del sonno. Dettano regole ferree sul rapporto uomo-donna, genitori-figli. Codificano diritti patrimoniali ed ereditari. Ritmano la vita lavorativa e le ore di preghiera. Dettano comandi e infliggono sanzioni, su tutto, fino a definire le regole igieniche che le donne devono seguire nel periodo in cui sono temporaneamente impure. Tutto è già scritto nei Testi, che rappresentano il fanale, capace d’illuminare le scelte difficili. Sono il binario dentro cui camminare, verso la meta, senza deviazioni. Si tratta solo d’interiorizzarne i principi, farli propri. Con un costo: la perdita della libertà. Del resto, al musulmano la libertà non serve, perché le libertà che contano sono già state codificate dal Profeta.

Tra il mondo musulmano e il mondo occidentale, quello che per semplicità chiamiamo mondo “laico”, la differenza è tutta qui. Da una parte, gli uomini e le donne con un percorso di vita già severamente delineato. Dall’altra un’umanità che, nel quotidiano conflitto interno ed esteriore, sconta la difficoltà di applicare giorno dopo giorno alla propria vita la propria autodeterminazione.

Due società molto diverse tra loro. Rigida ed eterodiretta, la prima. Flessibile ed autodeterminata, la seconda, caratterizzata da “debolezza”, “mitezza”: l’incertezza propria della nobiltà delle scelte libere.

Le società liberali presuppongono maturità. Le società musulmane presuppongono obbedienza, secondo l’assunto che solo la strada tracciata da Dio rende l’uomo libero, a prescindere dalle scelte individuali. È questo il vero conflitto. Non uno scontro religioso. Ma uno scontro di civiltà, dove si confrontano due diversi modi d’intendere la convivenza civile. Con una grande differenza. Nelle Terre dell’Islam la religione non è solo la dimensione della vita interiore, ma anche dimensione della vita esteriore. È cioè religione civile e ricomprende tutti gli aspetti della vita umana. Del resto, deve portare non soltanto a guadagnare il regno dei cieli ma anche il successo sulla terra.

È giusta la raccomandazione di non radicalizzare lo scontro con i musulmani che vivono nell’Occidente. Per loro, è possibile che il Corano sia diventato ormai solo il Libro della vita spirituale. Lì il confronto è possibile. Tuttavia, lo scontro con l’Islam, là dov’è rimasto integro nei suoi presupposti ideologici (cioè nella maggior parte dei Paesi dell’Africa e dell’Oriente), resta alto, perché riguarda l’insieme delle nostre conquiste di libertà.

Non si può non tener presente che, gran parte degli intellettuali di cultura islamica negano il primato della concezione occidentale dei diritti fondamentali. Walīd Sayf, docente alla Jordan University di Amman, sostiene per esempio che “la sensazione sempre più diffusa è che la popolarità recentemente acquisita dal tema dei diritti umani in relazione al mondo islamico abbia la funzione di nascondere la coercizione che sottende. Ciò che sta realmente avvenendo - spiega - è un tentativo di costruire un discorso morale che giustifichi un’ingerenza e una dominazione del tutto simili a quelli del colonialismo più classico”. La politica di promozione dei diritti umani, esportata nei loro Paesi, è vista dunque come una specie di “imperialismo dei diritti”.

Una costante è anche la denuncia d’incoerenza dell’Occidente che, se da una parte snocciola proclami e dichiarazioni sui diritti, dall’altra non esita a sostenere la politica “espansiva” di Israele.

È vero che, sia la posizione islamica che quella occidentale si caratterizzino per un permanente etnocentrismo, “nella pretesa di voler assolutizzare i propri valori culturali e far assurgere la propria a unità di misura di ogni cultura” (F. D’Agostino). Tuttavia, se l’universalismo della laicità a noi pare sopportabile, per il fatto che detta regole di garanzia per tutti, dunque anche per i musulmani, lo stesso non si può dire per l’universalismo islamico. Questo, non si limita a proclamare valori religiosi, ma profetizza interi modelli di vita, globali, fortificati dal carattere religioso e civile, che s’impongono per sanzione divina. Si tratta di modelli “grossolani” talora, ma qualche volta “affascinanti”, nel raffronto soprattutto con lo Stato “liquido” in cui versa oggi la comunità dell’occidentale.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:59