A Milano ed a Roma tira una brutta aria

Mala tempora currunt: è bufera su Milano e Roma. L’altro giorno l’auto-sospensione da sindaco di Beppe Sala, comunicata dall’interessato dopo aver appreso di un suo coinvolgimento nell’inchiesta giudiziaria su Expo 2015. Alle prime luci dell’alba dell’ennesimo venerdì nero per la sindaca Virginia Raggi la notizia dell’arresto di Raffaele Marra, potentissimo capo del personale del Comune di Roma e membro ascoltato del “raggio magico”. Intendiamoci, non ci accodiamo all’onda montante di becero giustizialismo delle ultime ore. Per quanto ci riguarda le persone coinvolte sono innocenti fino a prova contraria accertata da sentenza passata in giudicato. Tuttavia, c’è un problema politico che viene rimarcato dagli avvenimenti recenti. Ciò che sta accadendo a Milano e a Roma interroga l’infausta moda da Seconda Repubblica di negare valore alla formazione di una classe dirigente reclutata sulla base di processi selettivi propri della prassi politica.

Questa follia, tra le molte conseguenze negative, ha determinato la soppressione del filtro della tradizionale gavetta, vissuta e processata all’interno dei partiti. A cosa è servita la nouvelle vague dell’“onestà-onesta” brandita dai Cinque Stelle e scimmiottata per contagio dal renzismo imperante, se non a favorire l’avvento di una nidiata di incompetenti e inadatti a reggere l’urto della complessità del governo delle comunità? Come se fedine penali intonse e belle facce potessero bastare a garantire ai prescelti concrete attitudini all’esercizio della cosa pubblica.

Lo scandalo insopportabile che sta emergendo dalle simultanee vicende giudiziarie nelle “Capitali d’Italia” sta nelle reazioni dei soggetti politici coinvolti: lo sconcertante disorientamento della sindaca Raggi e la precipitosa fuga di Beppe Sala. Tralasciando per adesso la posizione dell’esponente pentastellata, viene da riflettere sul comportamento assurdo del primo cittadino meneghino. In apparenza sarebbe da lodare un pubblico amministratore che, soltanto sfiorato dal sospetto di una responsabilità diretta nella commissione di un illecito penale, lasci la poltrona. Invece, una fuga tanto precipitosa non ha niente di nobile. Al contrario, dimostra l’inconsistenza di un personaggio che scappa lasciando la nave comunale priva di timoniere. Più che a un Cincinnato, Sala somiglia al Francesco Schettino del naufragio della Costa Concordia. Non si abbandona il comando in questo modo! Per di più in assenza di certezze sulla consistenza delle accuse formulate a suo carico. Un tempo agli amministratori formati alla scuola della politica veniva insegnato che il senso di responsabilità verso gli amministrati dovesse prevalere sopra ogni cosa. Oggi cosa abbiamo? Un brav’uomo rimediato tra le file dei cosiddetti “tecnici” la cui unica preoccupazione è la salvaguardia della sua immagine. Beppe Sala, alla fine della fiera, certamente riuscirà a dimostrare la sua piena estraneità ai fatti criminosi contestatigli dalla Procura generale di Milano su quegli strani appalti di Expo, ma ciò che non potrà più risanare è la figura da coniglio rimediata agli occhi dei suoi concittadini.

Questo episodio, che fa il paio con quello della sindaca alle prese con il “super tecnico” finito in manette per corruzione, dovrebbe spingere le persone di buon senso a farla finita con la storiella che, essendo la politica roba per sfaccendati e malintenzionati, l’inesperienza e l’incompetenza debbano fare aggio sulle capacità individuali a reggere in momenti di crisi. Perché poi si finisce per raccattare soltanto degli invertebrati di belle speranze e di nessuno spessore che se la danno a gambe al primo stormir di foglia. Già in passato abbiamo vissuto momenti nei quali una classe politica spaventata e confusa prese decisioni suicide. Era il 1993 e in Italia spirava il vento di “Mani Pulite”. Allora ce la cavammo per il rotto della cuffia. Oggi si annusa la medesima aria puteolente. Che si fa? Ci ricaschiamo?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:01