Beppe Sala, la Raggi e  la riforma che non c’è

Ora si può anche sostenere che la caduta di Matteo Renzi abbia fatto sollevare la coltre di silenzio che gravava sulle vicende dell’Expo di Milano. E che l’avviso di garanzia che ha portato all’autosospensione del sindaco di Milano, Giuseppe Sala, sia la conseguenza delle mutate condizioni politiche. Al tempo stesso si può anche affermare che la Finanza in Campidoglio alla ricerca di atti e documenti sulla eccessiva disinvoltura mostrata dalla sindaca Virginia Raggi nella gestione delle nomine comunali sia la conseguenza di quella sorta di accerchiamento mediatico-giudiziario a cui è sottoposta la giunta grillina che governa la Capitale.

Insomma, a voler caricare di significati politici le vicende che vedono coinvolti i primi cittadini di Roma e di Milano c’è da sbizzarrirsi. Ma esiste anche un approccio di tipo diverso a questa incandescente materia. Ed è quello che utilizza gli “incidenti” di Sala e della Raggi per prendere coscienza che al momento non esiste in Italia un solo amministratore pubblico libero dal rischio di indagine giudiziaria e di tutte le conseguenze che questo comporta. Tutta colpa della debolezza morale degli amministratori pubblici italiani che li porta sistematicamente ad infrangere le leggi? O tutta colpa di una magistratura che oltre a muoversi troppo spesso con gli orologi delle esigenze politiche tende ad ogni passo a marcare la propria superiorità nei confronti dell’intera società nazionale?

In realtà la debolezza morale di tanti, troppi, amministratori esiste. Così come la giustizia ad orologeria non manca e la tendenza all’esondazione dei magistrati è un fenomeno fin troppo ricorrente. Ma se si riconducesse solo a queste cause la condizione di portatore sano di reato che ogni amministratore assume nel momento in cui entra in carica, si compirebbe un errore madornale.

I casi Sala e Raggi indicano senza possibilità di equivoco od errore che la causa principale di questa singolare situazione, da cui nasce automaticamente la paralisi gestionale delle amministrazioni cittadine, è l’esistenza di un tale reticolo di legislazione amministrativa e penale da rendere impossibile ogni possibilità di evitare scivoloni, incidenti, trappole ed accidenti vari. Se qualcuno riesce a districarsi dalla giungla senza inzaccherarsi o subire qualche schizzo di fango sotto forma di avviso di garanzia, è solo perché è fortunato o non suscita alcun interesse mediatico. Le leggi che regolano la Pubblica amministrazione sono talmente tante e contraddittorie che è impossibile amministrare senza infrangerne almeno una.

A quando la indispensabile riforma destinata a semplificare il reticolo burocratico e normativo che costringe anche i più virtuosi a sbagliare e che paralizza il Paese?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:08