Verso le mitiche convergenze parallele?

Una nuvola di ipocrisia avvolge i politicanti di questa Terza Repubblica, peraltro abortita, e confonde il pero col melo, anzi, la realtà con il sogno. Con l’aggravante di far passare per sogno, al povero elettore, l’imminenza, il quasi subito, il fra un attimo - o meglio - il subito dopo la Corte costituzionale, le elezioni anticipate. Ben sapendo, gli spacciatori dello speciale metadone elettorale, che per fare le elezioni ci vuole una legge e che per fare una legge nessuno, dico nessuno dei sessantasette governi in settant’anni (un record mondiale) ci ha messo meno di un anno, anzi. Per carità, i tempi cambiano e, forse, si accorceranno anche quelli per una legge elettorale che sistemi qua e là Camera e Senato, ben sapendo gli spacciatori di cui sopra, che le urla e gli insulti grillin-salviniani - pur aderenti alla cosca sopraddetta - per agevolare il vitalizio si eleveranno fino al cielo e saranno, c’è da giurarci, il leitmotiv più belluino che nella giungla di salgariana memoria. Che fare? Che dire? E, soprattutto, dove andare per trovare un antidoto al metadonismo che impazza? E lasciamo perdere le battute da talk-show di quart’ordine sulla “bellezza funzionale” - hanno detto proprio così - dell’assenza di “qualsiasi governo come in Spagna dove le cose sono andate benissimo”, dimenticando il piccolo dettaglio che nel Paese delle corride non c’era un governo perché non c’era una maggioranza per metterlo in piedi. Ma tant’è.

Procediamo con ordine, anche perché adesso è in vigore da noi un Governo, sia pur avatar di Matteo Renzi, con l’aggravio di una Maria Elena Boschi letteralmente dissepolcrata e sia pur dalla venustà intatta, ma che poteva benissimo restarsene in disparte per un attimino. Ah, le debolezze della carne (politica, beninteso). E che dire di un Renzi che aveva fatto un ottimo discorso di congedo, salvo nei giorni successivi comportarsi né più né meno che come un politicante dei secoli bui della civitas italiana, da cui, peraltro, dovrebbe imparare qualcosa data la sua provenienza democristiana e, perché no, di boy scout. Vediamo. Ha ragione da vendere il nostro direttore quando sostiene che la spina nel fianco di Paolo Gentiloni è Renzi. Magari, aggiungiamo perfidamente, con uno spintone alla spina di Denis Verdini. Chissà, chi lo sa...

Facciamo però un passo avanti e due indietro. Prima in avanti. Potrebbe anche essere che la spina renziana riesca a pungere con speciale anestetico politico, magari lavorando sott’acqua in funzione di una legge elettorale gradita a qualcuno dell’opposizione, escludendo ex abrupto grillini e salviniani che si sono chiamati fuori da tutto, pur avanzando censure a questo o a quel ministro, il che la dice lunga sul loro concetto di dichiararsi estranei - con le mani nette - da qualsiasi pasticcio promosso da quelli che, peraltro, definiscono con toni soft e distensivi i “soliti farabutti al servizio dei poteri forti”; “Mentre noi siamo dalla parte del popolo”, chiosano, ça va sans dire. L’unico leader dell’opposizione, degno di questo titolo anche perché ha vinto col “No”, tenendosi di più dello zoccolo duro del suo elettorato, è Silvio Berlusconi il cui “No” a Renzi conteneva un’altra negazione in direzione di quel Matteo Salvini rappresentante non solo una minaccia alla leadership per via delle primarie, ma una divaricazione strutturale politica, sol che si pensi che all’uscita dall’Euro con l’aggiunta dell’obbligo a un federalismo secessionistico che se non entusiasma il Cavaliere figuriamoci Giorgia Meloni.

Dunque, l’interlocutore renziano, seguendo questa ipotesi, sarebbe Berlusconi con la sua richiesta di una legge proporzionale che, a quanto pare, non dispiace nemmeno all’ex Premier e forse neppure ad altri, grandi e piccoli, di qua o di là. Ce la farà Renzi? Se lo vorrà, è molto probabile. Purché non si riaffaccino aspetti del suo cattivo genio toscanaccio, magari in cerca di vendette a causa del trasloco da Palazzo Chigi. Per farcela, comunque, la storia è come sempre maestra, specialmente quella della Democrazia Cristiana. Facciamo allora i due passi indietro. Vi dicono qualcosa “gli equilibri più avanzati”, i “governi dalle larghe intese”, gli ossimori e le epitomi che un big democristiano come Aldo Moro intesseva instancabilmente, silenziosamente, in maniera felpata per creare intorno alla Dc - finita isolata - una maggioranza di centrosinistra o qualcosa del genere. Indifferente alle critiche interne, sordo agli insulti dell’allora Partito Comunista Italiano non ancora associato all’intesa, non sfiorato nemmeno dall’insuperabile maestro di ironia e di sarcasmo come Indro Montanelli, Moro riuscì a compiere il miracolo, anzi, più di uno. “Mi spezzo ma non mi spiego” lo soprannominarono. Tuttavia...

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:04