Il centrodestra   alla ricerca d’identità

Per il centrodestra italiano è arrivato il momento di sciogliere i nodi, anche perché l’esito del referendum accelera i tempi del rinnovo del Parlamento. L’esperienza francese può insegnare.

Il candidato dei Républicains, François Fillon, vincitore delle primarie del centro-destra, è pronosticato oggi al 30-31 per cento dei consensi, mentre Marine Le Pen è data al 24-25 per cento. Su queste basi Fillon, al secondo turno, s’imporrebbe largamente anche sulla Le Pen, con il 66 per cento dei voti, contro il 34 per cento della candidata frontista. C’è una ragione se la destra repubblicana francese è così ben pronosticata. Ha scelto da sempre la sua collocazione alternativa alla destra frontista.

Oggi, di fronte alla crisi che attraversa il socialismo francese, ne va a raccogliere i frutti, nella prospettiva d’intercettare, al secondo turno delle presidenziali, gran parte degli elettori socialisti schierati su posizioni anti-frontiste.

Matteo Salvini e Giorgia Meloni non sono completamente allineati sulle posizioni del Front National, tuttavia le palesi analogie tra i movimenti: l’ostilità all’Europa e al fenomeno migratorio, autorizzano alcune riflessioni comuni. Forza Italia si riconosce nella tradizione liberal-popolare di tipo europeo. Lega e Fratelli d’Italia fanno riferimento ad altri raggruppamenti della nuova destra. Silvio Berlusconi ha il dovere di riaffermare la propria collocazione all’interno del Partito popolare europeo se non vuole convertirsi alla linea antieuropeista di Lega e Fratelli d’Italia. La terza ipotesi, la conversione di Salvini e Meloni su una piattaforma liberale, non è infatti praticabile. Del resto, è proprio sulla linea d’intransigente contrarietà all’Euro, all’Europa e alle migrazioni, che questi due partiti hanno costruito la loro identità.

Nell’odierno contesto europeo e internazionale, è impensabile per il centrodestra andare alle elezioni senza l’identificazione di una percepibile identità politica e programmatica, anche nell’ipotesi (non auspicabile) del ritorno al proporzionale. Berlusconi sta tentando di delineare un quadro di condivisione per i tre partiti. Se il tentativo non andrà in porto, pare obbligato l’imbocco di un percorso solitario, nella direzione liberal-popolare di tipo francese guardando, se non a domani, a dopodomani. La modernizzazione dell’Italia non può passare per la strada delineata dai vari “populismi” di destra o di sinistra. La radicalizzazione delle difficoltà politiche ed economiche, conseguenti alla globalizzazione, richiede programmi non semplicemente “prudenti” ma pesanti e rapidi. La riscoperta dei valori liberali, allora, non ha alternative per ridare fiducia all’Italia. Il Cavaliere non potrà prescindere soprattutto dalla considerazione che il disorientamento degli elettori di Forza Italia, a vantaggio del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo nel 2013 e oggi a favore del “Sì” al referendum (25 per cento circa), richiede un riposizionamento intelligente dentro dinamiche nuove.

La storica contrapposizione destra-sinistra ormai ha esaurito il potenziale inclusivo espresso nel secolo scorso. Gli uomini e le donne non nascono socialmente di destra o di sinistra. Lo schematismo delle appartenenze tradizionali non funziona più. I fattori identitari della destra liberale restano attuali. Vanno semplicemente rianimati. Si possono riassumere così: 1) riappropriazione di un quadro dei diritti civili, nel solco della tradizione cristiana e liberale (filiazione – adozioni – eterologa); 2) valorizzazione della funzione sociale della famiglia tradizionale; 3) contenimento del fenomeno migratorio in base alle capacità di accoglienza dell’Italia e alla predisposizione culturale all’integrazione; 4) necessità di un diverso rapporto dell’Europa con il resto del mondo, soprattutto con la Russia, al di sopra della visione Usa-centrica degli equilibri globali.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:02