Il Renzi-bis garanzia di nuove tensioni

In passato, chi controllava il partito aveva in pugno il Governo. Più recentemente, invece, chi non guida il Governo rischia di perdere il partito. Questa regola, che ha trovato il suo esempio più evidente nella vicenda di Pier Luigi Bersani che non riuscendo a formare il Governo perse il partito, costituisce il cruccio principale di Matteo Renzi e lo spinge a puntare a succedere a se stesso alla guida del Governo per non correre il rischio di ritrovarsi tra qualche mese fuori di Palazzo Chigi e fuori del Nazareno.

E l’orgogliosa dichiarazione di indisponibilità a restare rilasciata all’indomani della sconfitta del referendum? E la sua ribadita affermazione di essere diverso da tutti i politici tradizionali che si inchiodano alle poltrone e cercano di conservarle ad ogni costo anche a rischio di perdere la faccia?

Il timore che per non perdere la faccia possa perdere Governo e partito e fare la fine di Bersani, sembra aver messo la sordina agli sbandierati propositi di Renzi. Che non ha alcuna intenzione di fare la fine di David Cameron ed abbandonare completamente la vita pubblica ritirandosi a vita privata. Ma vuole innanzitutto vendicarsi dei suoi irriducibili nemici all’interno del Partito Democratico e, per farlo, incomincia a pensare che Giulio Andreotti aveva perfettamente ragione quando sosteneva che il potere logora chi non ce l’ha.

Naturalmente il Premier dimissionario sa bene che non basta un Renzi-bis con la prospettiva di andare a votare subito dopo la prossima estate per superare la bruciante sconfitta nel referendum. Convinto che un leader carismatico debba marciare e non marcire (in fondo il modello inconscio è sempre quello del primo uomo solo al comando della storia politica italiana), il Premier dimissionario non può non prendere in considerazione l’ipotesi di sfruttare l’eventuale prolungamento di permanenza a Palazzo Chigi o per riprendere il controllo totale del partito liquidando una volta per tutte gli avversari interni e gli alleati infidi o farsi un partito tutto suo puntando sulla speranza che la stragrande maggioranza dei “Sì” al referendum siano voti strettamente personali. Nessuno è in grado di prevedere se Renzi farà l’epurazione interna o se punterà sul partito personale. Il risultato, in fondo, sarebbe lo stesso. Di sicuro Sergio Mattarella sa che il reincarico a Renzi butterà nuova benzina sul fuoco interno del Pd e le conseguenze di quell’incendio continueranno a scaricarsi sull’intero Paese.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:05